Un anno dopo lo tsunami scoperto un mare senza vita

Una «zona morta» a 4mila metri di profondità al largo di Sumatra. Ma dal «Censimento della vita marina» emergono anche creature mai viste prima negli abissi

Nino Materi

Prima dello tsunami dell’anno scorso in fondo all’oceano indonesiano c’era un mondo invisibile ma vivo che, a 4mila metri di profondità, sembrava al riparo da qualsiasi rischio. Nessun uomo avrebbe mai potuto insidiarlo. Ma quell’universo sottomarino non aveva fatto i conti con la potenza di ciò che fino a ieri era la sua principale alleata, ma che la mattina del 26 dicembre 2004 si trasformò improvvisamente nel suo nemico mortale: la natura. I 1500 scienziati dell’Onu, impegnati nel «Censimento della vita marina», hanno infatti accertato che in una zona al largo di Sumatra esiste una gigantesca area dove il maremoto ha azzerato qualsiasi forma di vita. Dieci ore di immersione durante le quali l’équipe guidata dal biologo Ronald O’Dor non si è imbattuta in nessun pesce.
Secondo il professor O'Dor «questa zona morta potrebbe essere stata causata dal crollo di una scogliera sommersa durante il terremoto; una death zone che non ha precedenti negli ultimi 25 anni di raccolta di prove della vita marina nelle profondità degli oceani».
Ma dallo studio dei ricercatori Onu emergono anche novità positive: «Tra le creature più enigmatiche, sono state individuate piccole spugne carnivore di circa cinque millimetri di diametro che si alimentano avvolgendo la preda con la bocca». Al tale proposito il documento stilato dagli esperti sottolinea che «queste spugne con lo scheletro di calcio vivono a una profondità maggiore di quanto si credeva»; inoltre «è stato anche scoperto un animale unicellulare denominato “Xenophyophore” che usa grano sedimentato per costruire un guscio che sembra una palla da calcio».
Particolarmente ricco il capitolo delle «singolarità comportamentali»: si è scoperto, per esempio, che i «cailones», o squali-salmone dell'Alaska, «condividono con gli umani l'attrazione, durante l'inverno, verso mete più calde e frequentemente migrano in posti come le Hawaii»; non a caso i biologi hanno annotato come «questi pesci possano arrivare a velocità superiori ai 50 chilometri orari con un peso di 300 chili». Nel bacino del Canada (oceano Artico), invece, gli scienziati hanno trovato «molte creature mai viste, comprese alcuni specie di calamaro e il primo polipo conosciuto nella zona».
Lo studio non ha mancato poi di analizzare «l'impatto che ha avuto l'uomo su balene, foche, uccelli, pesci grandi e ostriche nel mare di Wadden, sulle coste della Danimarca, Germania ed Olanda». «In passato la zona era piena di animali - si legge nel documento finale del “Censimento della vita marina” -, mentre ora è ridotta a una pianura di fango, e ciò nonostante i recenti programmi di conservazione riferiti a colonie di foche e uccelli».
Partito nel duemila il programma «Census of Marine Life» (Coml) impegna 1500 scienziati in 63 nazioni nel mondo. L’intero progetto è sostenuto dalla Sloan Fondation per un miliardo di dollari. Il lavoro dovrebbe concludersi nel 2010, ed i risultati del primo triennio di lavoro sono già straordinari. A fronte della percezione di scomparsa delle specie suscitata da molte associazioni ambientaliste, i ricercatori impegnati nel censimento hanno presentato una realtà completamente diversa. Finora sono state rinvenute 160 nuove specie di pesci ogni anno, con una media di tre alla settimana. A queste vanno aggiunte 1.700 nuove specie di altri animali e piante: il totale delle nuove specie catalogate in tre anni è di 5.580.
Gli scienziati del progetto Coml hanno esplorato con sommergibili con equipaggio o automatici zone di mare mai viste, a profondità mai raggiunte, come la zona di frattura Charlie-Gibbs nel Nord Atlantico. Tra le scoperte più eclatanti una nuova specie di pesce scorpione, trovato nell’oceano Indiano e catalogato come Scorpaenopsis vittapinna, stranissime stelle marine, sconosciute forme tubolari. Nel Golfo Persico è stata trovata una specie di medusa rossa con potenti tentacoli e una seppia gigantesca: questo tipo di seppie nuota a una tale velocità che non è stato possibile catturarne nemmeno una; per ora è stata solo fotografata.
Nel Mediterraneo è stato scoperto un nuovo tipo di pesce topo (Caelornchus mediterraneus) con una coda filante. Secondo il professor Ronald O’Dor, scienziato capo del programma, lungo le coste della Florida sarebbero state scoperte «nuove specie di spugne luminose e 500 nuove specie di sedimenti abissali davanti all’Angola». Gli scienziati hanno raccontato che nella prima fascia di mare spessa circa duecento metri dove i raggi solari sono capaci di far sentire la loro azione nuotano ventimila specie di pesci. Altre ventimila specie si ritiene abitino nelle medie profondità mentre diverse centinaia di migliaia si muovono silenziose sino alla profondità di cinque chilometri sopravvivendo senza il normale ossigeno e a pressioni impossibili.
«È soprattutto qui - ha detto il professor O’Dor - che possono esistere numerosi animali mai catturati e battezzati in grado di sopravvivere solo in quelle profondità perché se li portassimo a galla cambierebbero addirittura forma a causa del cambiamento della pressione».

Franco Andalore, dell’Istituto di ricerca applicata al mare del ministero dell’Ambiente, ha precisato che a consentire i nuovi risultati è soprattutto la disponibilità di una tecnologia fino a poco tempo fa inesistente: «Oggi si riesce a esplorare nicchie ambientali prima irraggiungibili, proprio perché disponiamo di strumenti sofisticatissimi che estendono le facoltà umane. Ma nello stesso tempo possiamo anche utilizzare le nuove tecniche di indagine genetica con le quali si raccolgono le prove della diversità della specie».

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