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È Aoun il nuovo leader dei cristiani libanesi

Gian Micalessin

Non ci credeva nessuno e, invece, il generale ce l’ha fatta. Combattendo da solo, contro tutto e tutti l’incrollabile settantenne Michel Aoun, sbeffeggiato come il «piccolo Napol Aoun» da avversari e detrattori, s’è messo in tasca 15 dei 16 seggi a disposizione nella roccaforte cristiana del Monte Libano. Può sembrare un successo esiguo dopo le tornate elettorali delle precedenti domeniche dominate dall’alleanza di Saad Hariri a Beirut e da quella filo-siriana di Amal ed Hezbollah nel sud, ma non è così.
Per comprendere il trionfo del generale bisogna considerare due fattori. Il primo è quel sistema elettorale libanese che assegna metà delle 128 poltrone parlamentari ai cristiani e l’altra metà ai musulmani. Il secondo è quella legge elettorale uninominale imposta dai siriani nel 2000 che diluisce la presenza cristiana in quattro grandi circoscrizioni a maggioranza musulmana. In questo modo un buon 40 per cento dei candidati cristiani viene designato e imposto dalle grandi liste elettorali. Così i candidati cristiani si sono, fin qui, ridotti al ruolo di vassalli scelti da Hariri a Beirut e dagli Hezbollah al sud. L’unica circoscrizione dove sono ancora vera forza dominante è proprio il Monte Libano. Qui l’alleanza di Hariri e Jumblatt puntava a fagocitare il voto cristiano stringendo un’alleanza con Strida Geagea, moglie di Samir Geagea, l’ex leader delle forze cristiane in carcere da dieci anni considerato l’ultimo prigioniero politico libanese. L’affascinante Strida aveva già stretto un’alleanza di ferro con il leader druso Walid Jumblatt in cambio dell’immediata scarcerazione del marito dopo il voto.
Il generale Aoun, rientrato dall’esilio francese ai primi di maggio, ha però fatto piazza pulita di tutti gli accordi ed è riuscito a conquistare la maggior parte dei voti del Monte Libano. Un successo determinato anche dalla risolutezza con cui il generale ha sfidato Jumblatt e gli altri leader accusandoli di esser rimasti legati al carro siriano per quindici anni e di aver, alla fine, sfruttato l’emozione popolare determinata dall’assassinio di Hariri. Tanta determinazione gli ha evidentemente garantito il sostegno di quei giovani cristiani animatori a marzo delle manifestazioni anti siriane. Il trionfo del generale restituisce identità e dimensione politica a una comunità cristiana divisa per quindici anni dalle manovre di Damasco e da sanguinose faide intestine.
La vittoria del generale potrebbe inoltre incrinare il sogno druso-sunnita, incarnato da Saad Hariri, erede del premier assassinato, e dal suo alleato Walid Jumblatt, di raggiungere quella maggioranza assoluta di 90 seggi che garantisce mano libera per ogni manovra legislativa.
Il successo di Aoun è tracimato ieri anche in altri distretti garantendogli attraverso varie alleanze il controllo di 21 dei 58 seggi a disposizione tra Monte Libano e Valle della Bekaa. Così il ritorno del «piccolo Napol Aoun» s’è trasformato in una Waterloo per il troppo sicuro Walid Jumblatt contrario ad ogni alleanza con il generale.

Salvo la scontata conquista di otto seggi nei villaggi drusi dello Chouf l’alleanza Hariri-Jumblatt non è riuscita neppure a garantirsi il controllo della Bekaa.

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