Gli «apostoli» lombardi di Neil Young

Rusties è la cover band ufficiale dell’artista canadese: «Sempre in tour per passione»

Antonio Lodetti

Al confine tra il fan passivo di una rockstar e il fan che cerca di emulare il suo idolo stanno i Rusties, band lombarda che si è trasformata nella «cover band» ufficiale di Neil Young. Suoni duri, corrosivi (Alabama, Cortez the Killer) alternati a sognanti quadretti acustici (da album come Harvest e Comes the Time), dischi come Rusties Never Sleeps e il recente Younger Than Neil, collaborazioni con tanti artisti, un cameo nel cd inglese Working Underground dedicato ai Fairport Convention e centinaia di concerti all’anno. Questo in breve il curriculum di una band che ha trasformato in arte il culto per Neil Young. «È una vita difficile - dice il chitarrista-armonicista Marco Grompi -; chi decide di suonare la musica di Neil lo fa esclusivamente per passione».
Come si decide di diventare una cover band?
«Lo si diventa e basta, senza pensarci troppo, la band nasce dalla fusione dei gruppi Feel Hippie & Grumpy e Bacco il Matto. Abbiamo iniziato a suonare i brani del cantautore canadese per non lasciarli più. La caratteristica della nostra band è che non facciamo mai le prove. Saliamo sul palco con l’incoscienza di chi vuole sfruttare la magia improvvisativa del momento. Happening, jam session, questa è l’anima dei nostri concerti».
Ormai siete un’istituzione in Italia.
«Suoniamo a festival importanti in giro per l’Italia. In Lombardia teniamo decine di concerti (i prossimi l’1 settembre all’Irish Fest di Bergamo e il 2 al campo sportivo di Torre de’ Roveri) ma a Milano non riusciamo a trovare locali che ci ospitino. È più facile suonare in Germania; al Festival Orange Blossom Special siamo molto popolari».
Come mai niente Milano?
«Sarà che non abbiamo un agente. Per scelta la musica per noi è divertimento, quindi facciamo tutto da soli pagandone le conseguenze. Lunghi viaggi, caricare e scaricare gli strumenti, suonare, ripartire nel cuore della notte. Alla fine ci restano in tasca un pugno di euro ma la soddisfazione di aver dato l’anima per un pubblico che prova le nostre stesse sensazioni».
Dei mille volti di Neil Young quale preferite?
«Siamo nati ascoltando le melodie acustiche di Harvest e cresciuti con le sue ballate graffianti come Like A Hurricane e Cortez the Killer e facciamo convivere queste due anime».
In concerto avete spesso ospiti illustri.


«Soprattutto con Elliott Murphy, uno dei grandi songwriter americani, e con il bluesman Dirk Hamilton. Poi naturalmente con Cristina Donà, quando canta con noi Helpless fa venire i brividi».
Progetti?
«Dall’ultimo concerto all’Orange Blossom, uno dei nostri più riusciti, vorremmo fare un disco dal vivo e un dvd».

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