Appalti, condannato Mautone l’amico del figlio di Di Pietro

LITE Assolti 4 assessori. Iervolino: «C’è chi ci ha mollati». Chiamparino: «Non so di cosa parla...»

NapoliDue condanne, dieci assoluzioni. Il processo Romeo, celebratosi con il rito abbreviato è finito bene per quasi tutti gli imputati. Solo per due no: il principale accusato, il super imprenditore Alfredo Romeo e l’ex provveditore alle opere pubbliche della Campania e Molise, Mario Mautone. Entrambi sono stati condannati a due anni di carcere (pena sospesa). Per Romeo il pm aveva chiesto 10 anni. Il gup Enrico Campoli, che ha emesso nella mattinata di ieri la sentenza, ha riconosciuto ai due imputati eccellenti, un solo episodio di presunta corruzione, relativo alla promessa di assunzione in una società del Romeo di alcune persone segnalate dal Mautone. In cambio l’allora provveditore, si sarebbe interessato per un prezziario favorevole per l’appalto del Global service. Dissequestrati i beni dell’imprenditore, compreso l’albergo «Romeo», di fronte al Porto e inaugurato nei giorni dello scandalo. Tra gli assolti, anche quattro ex assessori comunali, «fatti fuori» dal sindaco Rosa Iervolino, all’indomani della retata della Gdf (dicembre 2008).
Ieri, la resa dei conti, a colpi di dichiarazioni al veleno di Rosetta, che ha lanciato strali contro gli stessi compagni del Pd. «Noi rispettiamo il lavoro della magistratura - ha detto il sindaco - ma rispetto un po’ meno chi ha strumentalizzato politicamente questa vicenda. Rispetto ancora meno chi lo ha fatto nel mio partito con cattiveria e per l’abbandono nel quale ci hanno lasciato». E fa i nomi: «Li ricordo tutti: Finocchiaro, Chiamparino, Renzi e altri...». Il sindaco ha rivolto un pensiero all’ex assessore Giorgio Nugnes, suicidatosi alla vigilia dello scandalo. «Lui sarebbe stato il quinto assolto». Risposta a stretto giro di Chiamparino, sindaco di Torino. «Per quanto riguarda il mio nome, non so nemmeno di cosa si stia parlando». Dalle carte dell’indagine della Procura di Napoli emerse uno spaccato fatto di favori reciproci e ricatti tra politici e personaggi delle istituzioni. Tra Mautone e Cristiano Di Pietro, figlio di Antonio, capo dell’Italia dei valori. Di Pietro junior, consigliere provinciale dell’Idv a Campobasso «chiede alcuni interventi di cortesia quali: affidare incarichi a persone da lui segnalate anche al di fuori degli ambiti di competenza istituzionale; affidare incarichi ad architetti da lui indicati e sollecitati anche da Nello Di Nardo; interessi di Cristiano in alcuni appalti e su alcuni fornitori. Naturalmente le sue richieste vengono subito esaudite. «Gli ho dato l’incarico. Poi non l’ho ancora dato a lei. Lo passerò sempre a te e poi ce lo farai avere tu», gli dice Mautone. In un’altra conversazione intercettata, dell’8 giugno 2007, tra Di Pietro e Mautone, Cristiano dice all’ex provveditore: «Poi un’altra cosa, non so se la puoi fare questa cosa o meno... se hai la possibilità...». Mautone: «Dimmi, dimmi». Cristiano Di Pietro: «Io ho un amico ingegnere e sta a Bologna, volevo sapere se su Bologna c’era possibilità di trovargli qualcosa». Mautone: «Adesso vediamo, ci informiamo subito e vediamo». Il rapporto tra il potente provveditore e il rampollo di casa Di Pietro si interrompe il 29 luglio 2007. «Mautone - scrivono gli inquirenti - gli comunica di essere stato trasferito. Cade la comunicazione e Di Pietro non risponderà più alle telefonate».
Dodici giorni più tardi, Mautone viene trasferito a Roma, ma la famiglia del provveditore, decide che si debba passare al contrattacco. Scrivono gli inquirenti.

«La moglie lo invita a ricordare come lui si è messo a disposizione “con quel cretino di Di Pietro con il figlio” e si chiede come mai questo non sia servito a niente. Tu non ti devi muovere da Napoli. Il potere ce l’hai qui e non a Roma. Buttarla sul ricatto del figlio è l’unico sistema».
carminespadafora@libero.it

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