GLI APPRENDISTI E GLI STREGONI

Giuro che poi, per un po’, taccio. Ma se, per il quarto giorno di fila, torno a parlare di Fincantieri è perchè - come ho spiegato nei giorni scorsi - penso che quella dell’azienda cantieristica sia la partita della vita per Genova e per la Liguria.
Non tanto o non solo sulla quotazione in Borsa. Quella, fondamentalmente, la diamo per acquisita. Dopo l’ingresso a piedi uniti (legittimo, per carità) dei coreani nel mercato europeo delle navi, è chiaro anche ai più scettici che la quotazione di Fincantieri non era uno sfizio del numero uno del colosso cantieristico Giuseppe Bono, che non era un giochino del management e che non era un’operazione di maquillage, nè un’improvvisa passione milanese per la zona di Piazza Affari. Dopo l’acquisto di Aker Yards da parte di Stx, niente è più come prima e la quotazione in Borsa non è più utile, è indispensabile.
Tutto questo l’ha capito benissimo da tempo una parte del sindacato. Antonio Apa, leader dei metalmeccanici liguri della Uil, parla la lingua dei manager. Ma non perchè ami troppo i manager, perchè ama troppo gli operai. E ha capito benissimo che se va bene per l’azienda, va bene per tutti. Sembrerebbe l’abc di qualunque lavoratore responsabile, ma purtroppo in Italia rischia di essere letto ancora come un concetto rivoluzionario. La Fim-Cisl di Claudio Nicolini è anch’essa sulla stessa linea e, anzi, dopo che il management di Bono ha invitato il sindacato a partecipare sempre più alla gestione dell’azienda, parlando di azionariato popolare diffuso con una parte delle azioni riservate ai dipendenti, ha addirittura rilanciato proponendo in futuro l’ingresso di rappresentanti del sindacato nel consiglio di amministrazione. Anche l’Ugl ha seguito la linea del buonsenso.
Del resto, penso che le azioni ai dipendenti - in qualsiasi realtà - siano proprio la prova che si può lavorare tutti insieme per un ciclo virtuoso: se si lavora bene, se l’azienda realizza utili, se si distribuiscono dividendi, se ognuno (dal primo manager all’ultimo apprendista) ha interesse a remare nella stessa direzione, poi le cose vanno bene per tutti. Non è che serve il teorema del Nobel Modigliani, o lo studio universitario dell’influsso dell’emissione di obbligazioni o della vendita di azioni da parte di un’azienda per arrivarci. Se l’altro giorno avevo spiegato un concetto a cui arrivava anche Federico, il mio primogenito di sei anni, questo è accessibile anche a Francesco, il secondo, che ne ha quattro.

E, dato che è molto vispo, non escludo che sul tema mi dia delle soddisfazioni anche Filippo che ne ha solo due.
Avrete notato che, finora, manca qualsiasi riferimento alla Fiom, i duri della Cgil, il sindacato dei metalmeccanici noto per l’intransigenza delle sue (...)

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