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Approvato il referendum Da oggi la Svizzera espelle stranieri che delinquono

Al referendum il 52,9% approva la proposta dei conservatori: rimpatrio immediato per gli immigrati con condanna definitiva. E chi sarà cacciato non potrà tornare per 5 anni

Approvato il referendum 
Da oggi la Svizzera espelle 
stranieri che delinquono

Sul tema dell’immigrazione in Svizzera fanno sul serio. E non ci pensano due volte a cacciar fuori gli immigrati che delinquono. A distanza di un anno dal referendum che sancì il divieto di costruzione di nuovi minareti, ieri i cittadini elvetici sono stati chiamati a rispondere a questo quesito: «Siete favorevoli all’espulsione degli stranieri che commettono reati?». E il 52,9% dei votanti ha risposto di sì. La proposta, promossa dall’Udc (Unione democratica di centro), partito conservatore di destra, ha ottenuto il sostegno di una larga maggioranza di Cantoni: avallato in tutti quelli tedescofoni, con la sola eccezione di Basilea Città, e in Ticino e rifiutato in tutti i cantoni romandi, con l’unica eccezione del Vallese. L’iniziativa, voluta fortemente da quello che è il principale partito della Confederazione, è stata pubblicizzata in maniera vigorosa. «Via le “pecore nere” dalla Svizzera», «Fuori Ivan S. lo stupratore»: erano alcuni slogan che campeggiavano sui cartelloni delle strade del paese elvetico. Slogan che hanno convinto.

E dunque via libera alla proposta del partito di Christoph Blocher che prevede l’espulsione automatica degli stranieri condannati per gravi reati, quali omicidio, rapina, traffico di esseri umani, stupri, ma anche abusi nelle prestazioni dell’assistenza sociale o truffe alla mutua. Una volta che la condanna è passata in giudicato, l’espulsione sarà automatica. E il divieto di rientrare in territorio svizzero andrà dai 5 ai 15 anni, 20 per i recidivi. «La proporzione di stranieri fra gli accusati di omicidi intenzionale è del 59% e le nostre prigioni di lusso non costituiscono ormai un deterrente»: con questi annunci l’Udc aveva svolto la sua campagna pre-elettorale riuscendo a raccogliere più di 200mila firme, ovvero oltre il doppio di quelle necessarie per sottoporre un testo al voto popolare. E i cittadini le hanno dato ragione.

A evitare che la proposta venisse approvata non è bastata l’opposizione del governo e della maggioranza del Parlamento che hanno elaborato un contro-progetto un po’ più morbido. In pratica, la proposta alternativa prevedeva che Confederazione, Cantoni e Comuni facessero tutto il possibile per integrare gli stranieri in Svizzera e che le espulsioni non fossero automatiche, ma valutate caso per caso nel rispetto dei diritti fondamentali e dei principi costituzionali e garantendo possibilità di ricorso. Niente da fare, però: la controproposta è stato bocciata dal 54,2% dei votanti e non è stata accolta in nessun cantone. Avvalorando ancor di più il significato del risultato elettorale, se si pensa che a sostenere la proposta, a eccezione di altri piccoli partiti, è stata solo l’Udc, il partito promotore appunto, nonché lo stesso partito che lanciò, riscuotendo l’appoggio degli elettori, il referendum sui minareti.
L’Udc ha vinto praticamente contro tutti. Secondo i detrattori, la proposta non distinguerebbe tra gli stranieri nati e cresciuti in Svizzera e gli stranieri giunti nel Paese illegalmente e per delinquere, né tra il trafficante che spaccia 5 grammi di cocaina e quello che ne ha venduti 5 kg. E se si pensa che in Svizzera gli stranieri costituiscono il 22% della popolazione, si dicono preoccupati del fatto che 1,5 milioni di persone possano diventare potenziali espulsi. Secondo le stime dell’Ufficio federale della migrazione, approvata la nuova proposta, ci potrebbero essere circa 1.500 allontanamenti, contro i 400 che vengono attuati fino a oggi. Ancora è presto per capire cosa succederà realmente in Svizzera e quale impatto avrò questo risultato referendario. Intanto, sempre ieri, i cittadini elvetici hanno detto no all’iniziativa socialista di introdurre aliquote minime del 22% sui redditi e i patrimoni elevati.

Ma questa è un’altra storia.

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