Sanremo 2009

Ariston: in scena il Gay Pride

Seconda serata. Mozart, De André e danza classica: coktail per tutti i gusti. Ancora attacchi a Povia. La polemica della Zanicchi: "Bonolis non mi ha protetta". Luttazzi, l'americano di Trieste. E Alessia Piovan rimane in mutande: guarda la fotosequenza

Ariston: in scena il Gay Pride

Sanremo - Dal sito internet di Franco Grillini: «Il Giornale attacca la scelta di Grillini». Segue il testo di un post, si dice così, sul mio blog, si dice sempre così, in breve il mio pensiero su uno degli ultimi atti della prima serata del Festival di Sanremo. Nessun attacco a Grillini, semmai una critica, sostantivo di significato diverso per i più, a Bonolis e alla sua decisione di affidare un commento sulla canzone di Povia Luca era gay, a uno spettatore in sala, Franco Grillini appunto, comunque illustre e interessato alla vicenda, come presidente dell’Arcigay. Ho scritto di «schiaffetto», ho aggiunto che Grillini ha fatto il suo mestiere, anche da propagandista, annunciando la prossima manifestazione del suo movimento, non altro, eppure il titolo parla di «attacco» del Giornale.

Il sito dell’onorevole si apre con questo slogan: «Un impegno per i diritti e le libertà». Ovviamente non i «miei» diritti e le «mie» libertà (anche se, in verità, non capisco il plurale). Ma Grillini non ha alcuna colpa o responsabilità, non è vittima, non è eroe, rispetto le sue idee, le sue libertà, ho avuto occasione di confrontarmi con queste in un garbato dibattito radiofonico sull’omosessualità nello sport, ma si sono verificate, martedì notte, alcune singolari coincidenze: il regista del Festival ha inquadrato più volte l’onorevole durante l’esibizione del cantante Povia, sottolineando il disappunto, la compassione quasi, di Grillini all’ascolto del testo e dell’interpretazione. Posso pensare che il teatrino fosse già allestito alla bisogna, una classica fase di riscaldamento prima della partita. Infatti Paolo Bonolis ha scelto di lavarsi la coscienza e l’audience concedendo a Grillini una specie di diritto di replica, «estremamente equilibrato» secondo il direttore di Raiuno Fabrizio Del Noce (che conta più presenze in prima fila tv, di Paolo Maldini in un campo di football) ma inopportuno secondo Imma Battaglia, leader storica del movimento che racchiude lesbiche, gay, bisessuali e transessuali: «Parole superflue dal tono vittimista che Grillini poteva anche risparmiarsi; ci sono momenti in cui il silenzio o la scena vanno lasciate a chi le merita». Una questione interna, si potrebbe dire, anche se, per una corrente di pensiero, esisterebbe una «lobby» sempre più presente e importante che imporrebbe comportamenti, dibattiti, personaggi e interpreti nei vari appuntamenti di comunicazione, a sostegno non più di una libertà e di un diritto, sacrosanti, ma quasi di un dovere blindato e di una adesione totale a ciò che viene definito «diverso», in caso contrario scatta la condanna per razzismo, omofobia, ignoranza. Sta di fatto che l’esordio del Festival, tra Wilde, Grillini, Povia e Freddie Mercury sembrava il gay pride. Vorrei rispedire al mittente eventuali proteste, ribellioni, forum, post e affini, perché quest’ultima considerazione non mi appartiene ma è di Cecchi Paone il quale così testualmente ha ringraziato durante La Vita in diretta, Raiuno ieri pomeriggio, Paolo Bonolis, collegato da Sanremo.

Ma Grillini (fischiato dal pubblico) e Povia (bocciato dalle pagelle dei critici) a parte, resta a galla il precedente creato da Bonolis e dalla sua orchestra, un nuovo format per la rassegna canora: il Processo di Biscardi, Porta a porta, Matrix, Ballarò e Annozero, rivisti e corretti dal teatro Ariston di Sanremo ma soltanto su temi e con personaggi scelti non a prescindere, come diceva Totò e direbbe Bonolis, ma preparati e allertati secondo scaletta ed esigenze.

Del resto non è tempo per lo stupore: lo spettacolo è una nota a margine, al Festival contano la qualità delle canzoni, la partecipazione dei migliori cantanti mentre non hanno importanza affatto i dati di ascolto.

Dicono così. O no?

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