Arpe: «Capitalia conserverà il 2% di Banca Intesa»

Gian Maria De Francesco

da Roma

«Lo teniamo, lasciamo che dia i suoi frutti». L’amministratore delegato di Capitalia, Matteo Arpe, lo ha detto chiaramente: il gruppo romano non intende mettere sul mercato il 2,027% di Banca Intesa che ha messo in portafoglio a mo’ di parafulmine da un eventuale tentativo della holding bancaria milanese.
Anche se a tutt’oggi il progetto di integrazione tra i due istituti sembra essersi raffreddato. Soprattutto dopo il vertice a tre tra i presidenti dei due istituti, Giovanni Bazoli e Cesare Geronzi, e il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, nel quale si è formalizzata l’intenzione di accantonare, in attesa di segnali concreti dal futuro esecutivo Prodi, l’ipotesi di matrimonio. Né l’ad di Intesa, Corrado Passera, né Matteo Arpe, ieri entrambi impegnati a presentare nuove formule di finanziamento per le giovani coppie con i sindaci delle rispettive città, hanno voluto commentare.
Arpe, tuttavia, ha lanciato un segnale chiaramente intellegibile. «La struttura del patto di sindacato è coesa. Sono particolarmente soddisfatto del clima di coesione all’interno del gruppo», ha detto alludendo a due aspetti particolari. Il primo riguarda la natura dei rapporti con l’alleato olandese Abn Amro (che ha il 7,7% e ha la possibilità di uscire dal patto a ottobre; ndr) del quale ha sottolineato la lealtà «nella strategia di indipendenza del gruppo» pur ribadendo che «non ci sono operazioni allo studio» che possano implicare un ulteriore avvicinamento con il gruppo che controlla Antonveneta. Il secondo aspetto riguarda l’utilizzo del termine «coesione»: una decisa marcatura del buono stato dei rapporti interni al management.
Il consolidamento del sistema bancario italiano proseguirà anche per raggiungere quella massa critica necessaria a frenare le mire delle grandi banche estere? Arpe ha fornito indicazioni prudenti. «Il nostro piano industriale è focalizzato sulla crescita interna: valutiamo le aggregazioni come opportunità e non come obbligo», ha dichiarato aggiungendo di essere «soddisfatto» dell’andamento del primo trimestre. Ma se Santander Central Hispano (Sch) ha già fatto sapere che «un dossier Capitalia non esiste», un’analoga presa di posizione non c’è stata da parte di Sanpaolo Imi (di cui Sch è azionista). Anche se le sovrapposizioni in Italia meridionale tra Banca di Roma, Banco di Napoli e Banco di Sicilia sconsiglierebbero l’aggregazione.
La Borsa ieri ha dato un verdetto parziale con un rimbalzo del «predatore mancato» Banca Intesa (+1,98%) e una flessione della «preda» Capitalia (-0,64%).

Ma la variabile politica ha una sua valenza. Ieri il sindaco di Roma Veltroni ha confermato di ritenere Capitalia «una risorsa di grande importanza per la città». Con Bnl già francese e con il centrosinistra che si appresta a governare queste parole pesano.

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