Arrivano dalla Campania gli ultrà della rivolta

I mille napoletani dell’Atitech guidano il fronte del «no». Uno dei leader: «Per la causa sono pronto a darmi fuoco»

da Milano

Come un bonzo, voleva bruciarsi vivo lì, in piazza, accanto ai suoi compagni. Sotto la sede del ministero del Lavoro, in via Fornovo, c’era già chi s’era messo a torso nudo e calato i pantaloni perché «così ci mettono in mutande, fermiamo la trattativa». E lui, Michele D’Apuzzo, ha pensato di accendersi come un cerino. Ha tirato fuori due bottigliette di alcol, s’è spruzzato per bene i jeans e ha messo mano al Bic. Un gesto soltanto è si sarebbe incendiato come lo studente ceco Jan Palach. Non ha più voce dopo aver gridato tutta la sua rabbia sotto il ministero: «Certo che l’avrei fatto veramente, se non m’avessero fermato i colleghi. Io sono operaio Atitech con 25 anni di anzianità, prendo 1.700 euro al mese. Parlano di tagli ai salari, e io poi che faccio?». Ma la risposta se la dà da solo: «È una provocazione solo fino a un certo punto. Sa che faccio? Io, come gli altri, un’occupazione a Napoli la trovo. C’è un’azienda che da noi funziona benissimo, si chiama camorra e un lavoro me lo dà. Duemila ero al mese e anche di più, se voglio. Io non lo farò mai, ma gli altri?». Sono arrivati da Napoli con i pullman, i pasdaran della protesta, gli ultrà del «no». Megafoni all’aria, mutande al vento, campanacci, cappi al collo. Mica è la prima volta che scendono in strada. In marzo furono anche botte da orbi con i carabinieri. Attaccano la Cai, il governo e i sindacati che al tavolo si sono seduti.
I duri e puri della protesta sono loro, le tute blu della Campania, appese ai loro hangar di Capodichino dove fanno la manutenzione pesante degli aerei. Si sentono appesi a un cappio che ieri l’altro sventolavano sotto il ministero. Loro, che parlano ancora di «padroni» e di «sindacati traditori», registrano freni, controllano fusoliere, passano al setaccio cabine di pilotaggio e passeggeri. Sono tutti giovani, la media è di 30-35 anni. Chi non ha l’anzianità porta a casa 1.100 euro al mese. Poco meno di mille impiegati tra 650 dipendenti e operai, e i 200 e passa dell’indotto e quelli col contratto a tempo indeterminato, ma fanno più baccano degli altri. «Sì, facciamo più casino di tutti perché veniamo da una zona disastrata d’Italia», ammette roco D’Apuzzo che s’era pure impiccato per finta per rendere bene l’idea di cosa pensa della trattativa in corso. Un piano che quasi tutti, all’Atitech, vorrebbero stracciare immediatamente. «Sappiamo cosa vuole la Cai - ringhia Pasquale Lione, rappresentante della Ugl trasporti -.

La loro posizione iniziale era addirittura quella di trasferire la manutenzione pesante in Marocco o in Irlanda per abbattere i costi. Sa come è andata a finire? Che gli aeroplani visionati laggiù sono tutti tornati da noi, che garantiamo uno standard di sicurezza ben maggiore». Per loro la lotta continua.

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