Artigiani, spina dorsale della Liguria

Artigiani, spina dorsale della Liguria

(...) e che produce come le formichine. E, come le formichine, ottiene grandi risultati. Facendoci essere orgogliosi di essere liguri e italiani. Con le proprie idee, il proprio lavoro e le proprie eccellenze.
Eccellenze di cui non parla quasi nessuno, perché generalmente vengono date per scontate. Ma eccellenze che, soprattutto in alcuni settori, come l’agroalimentare, restano i nostri punti migliori, quelli per cui l’Italia è inimitabile.
Perché, vedete, un pezzo di acciaio lo puoi costruire a Cornigliano o in Cina e non sarà diversissimo. Anzi, una grossa diversità ci sarà: nel prezzo. Quello cinese sarà molto, ma molto, inferiore.
Invece, il pesto artigianale o i baci di dama fatti a mano o il caffè torrefatto e lavorato nel forno a legna o le marmellate prodotte in casa elaborando i chinotti che crescono sugli alberi di famiglia, in Cina non li fai. O, perlomeno, non li fai così. E puoi pagarli anche il triplo, ma essere felice lo stesso.
A questo proposito, vi racconto un aneddoto che mi è capitato la scorsa settimana a Montecarlo, dove ho avuto la fortuna di assistere agli incontri organizzati da Confartigianato Liguria, grazie al contributo dell’Assessorato allo Sviluppo Economico della Regione e tramite Liguria International, fra diciotto aziende liguri e gli operatori monegaschi per creare nuove opportunità di affari e nuovi mercati nel Principato e non solo, visto che alcuni degli incontri sono stati con esportatori in tutta Europa. Chiaramente, non è che sono state firmate decine di contratti tutte il giorno degli incontri, ma i faccia a faccia sono stati decisivi per rompere il ghiaccio, conoscersi, riconoscersi e aprire strade. Se son rose, fioriranno. Nel caso dello stand dello sciroppo e delle marmellate di rosa, sono già fiorite.
Ma, per l’appunto, veniamo all’aneddoto. Un operatore monegasco, incontrando un produttore cittadino che vende pesto artigianale, ha fatto il gravissimo errore di dirgli che lui si serve da una grande impresa alimentare italiana. Il genovese del pesto è sbiancato e ha salutato il cliente: «Se lei mi parla di produzioni industriali, non iniziamo nemmeno a parlare». Quell’altro ha abbozzato: «No, mi scusi, ma io non volevo...». Alla fine, i due hanno firmato un contratto. Per pesto superartigianale, ovviamente. Che quello di Montecarlo paga il triplo di quello che pagava alla multinazionale del pesto. Ma la soddisfazione dopo gli assaggi sembrava superiore al triplo.
E non solo perché la «splendida cornice», stavolta, era davvero splendida: il Cafè de Paris, l’hotel Hermitage e le strutture gestire dalla SBM, la Sociètè des Bains de mer che è il colosso pubblico dei gioielli di Montecarlo. Insomma, fare affari nelle splendide sale liberty e in saloni che sembravano presi di peso dai film di Audrey Hepburn, aiuta.
Quindi, spiegate tutte queste cose, iniziamo a tradurre i terribili termini dell’inizio: «International», nel senso di «Liguria International», è la società del gruppo Filse, la finanziaria della Regione, presieduta da Franco Aprile, che ha come ragione sociale quella di aprire le strade all’estero alle imprese liguri, ruolo oggi importantissimo. Gli «stakeholders» e i «player selezionati» sono i potenziali clienti del Principato. E i «B2B», cioè «business to business», non sono roba da battaglia navale, ma gli incontri faccia a faccia fra potenziale venditore e potenziale compratore.
Prendete tutti questi ingredienti, shakerateli con una regia ottima, quella del direttore di Confartigianato Liguria Luca Costi e quella del presidente degli artigiani Giancarlo Grasso - artigiano vero e non per caso, con la sua azienda di falegnameria che produce camerette di design, innamorato del suo lavoro e persona di livello, come se fosse un’eccellenza lui stesso, capace di scardinare gli schemi eternamente uguali a se stessi di un certo tipo di Liguria -, e otterrete vere possibilità di affari e di sviluppo anche per le piccole e piccolissime imprese artigianali liguri, spesso addirittura imprese di famiglia. «Analisi recenti - spiega Grasso - ci dicono in modo chiaro che le imprese liguri più internazionalizzate riescono a superare meglio la crisi. Il settore agroalimentare, in questo modo, è quello che riesce a reagire meglio. Proprio per questo abbiamo pensato di aprire anche il mercato monegasco».
Grasso è uno di quelli, come tutti quelli che sono stati protagonisti degli appuntamenti nel Principato, per cui non c’è sabato, non c’è domenica, non ci sono ferie e non ci sono straordinari.
In una parola, è il mondo dell’Italia che lavora e che produce. L’Italia più vera. E la Liguria più profonda che, anziché passare le giornate a fare manifestazioni e a lamentarsi, preferisce lavorare.


La Liguria che ci piace e che, nei prossimi giorni, racconteremo, a partire proprio dalle diciotto storie dei protagonisti dei B2B di Montecarlo. Poi, se è il caso, spiegheremo loro cosa significa B2B. Magari in dialetto, che suona anche meglio.
(1-continua)

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