Milano - Una catastrofe: c’erano cinquecento posti da coprire, diecimila iscritti al concorso, cinquemila presenti all’esame. Ci sono stati solo 309 ammessi agli orali. E solo 249 promossi. Sono i dati dell’ultimo concorso per l’ingresso in magistratura, quello tenutosi - tra cento polemiche per il clima eccessivamente informale - al Forum di Milano. Morale della favola: più della metà dei posti di magistrato in palio sono rimasti scoperti. Tappare tutte le falle nell’organico della magistratura si è rivelato impossibile, di fronte alla mancanza di candidati all’altezza del ruolo. Ovvero all’amara constatazione che - come diceva già anni fa Francesco Saverio Borrelli - «il Paese più di un tot di magistrati non è in grado di produrre, e già adesso quelli che passano il concorso nella parte bassa della classifica sarebbe meglio che non l’avessero passato».
Così, di fronte all’emergenza - che vede interi uffici giudiziari praticamente deserti - sta prendendo piede una ipotesi apparentemente azzardata: rinfoltire gli organici della magistratura andando a pescare in una riserva vasta e immediatamente disponibile, quella dei quattordicimila magistrati onorari in servizio in Italia. Una legione di precari e di cottimisti della giustizia - giudici di pace, viceprocuratori onorari, giudici onorari - che già oggi tappa le molte falle del «sistema giustizia». In particolare i giudici di pace - in genere avvocati di modeste fortune, riconvertitisi per necessità o spirito di servizio - smaltiscono decine di migliaia di cause all’anno, sia in campo civile sia in penale. Cause più o meno bagatellari, ma che se ricadessero sui colleghi in toga manderebbero in tilt l’apparato: sono competenza esclusiva dei giudici di pace le liti condominiali e le liti tra natanti, gli incidenti stradali e i ricorsi contro le multe.
Da tempo i giudici di pace chiedono una serie di miglioramenti del loro status: poter restare in servizio senza limiti di tempo (oggi possono durare al massimo per tre quadrienni, ovvero 12 anni) e i contributi per la pensione. Ma sono in molti tra di loro a sentirsi pronti anche al grande salto, scavalcando il fossato che ancora li separa dalla giustizia «professionale». La strada potrebbe essere quella di un concorso speciale a loro riservato, per verificare se il grado di preparazione conquistato «sul terreno» da ciascuno di loro è effettivamente sufficiente alla promozione. Ma è proprio su questo fronte che non tutti i giudizi sono ottimisti.
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