
Gentile Direttore Feltri,
se continueremo di questo passo, ci estingueremo. In Italia non si fanno più figli. Ma una società senza infanzia è una società destinata a morire. Senza futuro. Senza speranza. Qual è la soluzione, a suo avviso?
Fabio Michelin
Caro Fabio,
l'indice di natalità è in discesa da lustri, in Italia come altrove, e mi riferisco al nostro Occidente. Il governo Meloni ha affrontato la problematica, riconoscendone l'urgenza, e, allo scopo di invertire questa tendenza, ha introdotto misure che incentivano la scelta di mettere al mondo un figlio o un altro ancora. Tali provvedimenti hanno dato ristoro a tanti nuclei familiari, agevolato padri e soprattutto madri, sulle quali, come sappiamo, grava maggiormente l'onere dell'allevamento della prole, donne che oggi, peraltro, lavorano pure fuori casa e che necessitano di aiuti e sostegni, difficilmente reperibili nel parentado in generale per effetto di una trasformazione dei rapporti familiari. Nonostante politiche tese a facilitare il ruolo genitoriale e la capacità di provvedere agli infanti, le culle restano tragicamente vuote. Perché? È evidente che non si tratta di un problema solo economico, ma che siano in ballo diversi fattori, anche umani, che rendono la scelta di diventare genitore poco allettante e poco attrattiva. Forse il modello esistenziale della società avanzata, concentrato sul perseguimento della propria realizzazione professionale, del successo, l'individualismo esasperato, o la corsa alla conquista dell'effimero, o la tendenza a vivere relazioni fugaci che durano quanto una storia su Instagram, cioè non più di ventiquattro ore, impediscono la costruzione di quella solidità affettiva indispensabile ai fini della procreazione e della edificazione di un progetto-famiglia. Sposarsi e mettere su casa, come si usa dire, non è più obiettivo esistenziale né di maschi né di femmine. Si sogna di diventare influencer, di fare soldi pubblicando scatti hard su piattaforme che praticano pornografia, trasformata in business pure per la ragazza della porta accanto, anzi, soprattutto per questa, di viaggiare in lungo e in largo per il mondo, di abitare in solitudine. È diffusa una mentalità, insomma, che vede nella maternità o nella paternità una sorta di ostacolo, un impedimento, una palla al piede sulla via che conduce alla affermazione di sé. Genitorialità è sinonimo ormai di sacrificio e di rinuncia. Si crede che essere liberi equivalga ad essere liberi da responsabilità di tipo familiare. La virtualità ha sterilizzato le relazioni. Ma non soltanto quelle. E questa è una parte della questione, ovvero queste costituiscono solamente alcune delle cause inibitorie. Poi c'è un'altra motivazione, a mio giudizio, determinante: mancano i servizi. Una madre che lavora deve avere la possibilità di affidare il suo bambino ad un asilo, tanto più perché oggigiorno sono pochi coloro che possono contare sulla collaborazione di una rete di familiari, vicini, amici. Ma i posti negli asili nido scarseggiano. Nelle metropoli vivere, abitare, fare la spesa, sono operazioni che costano. Difficilmente ci si può permettere una abitazione con due o tre camere. I figli vanno mantenuti, vestiti, nutriti e collocati. Hanno bisogno di spazio vitale. La verità: non siamo un Paese per bambini.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.