Un diavoletto, anzi un diavolaccio di quelli che cercano sempre di metterci lo zampino, ma senza farsi notare troppo: infatti è riuscito a restare nascosto per più di 700 anni. E nonostante fosse lì in bella vista, nel bel mezzo di uno degli affreschi più studiati della storia. Sornione e irriverente, ma candido come l’eterea materia di cui è composto: una nuvola. Sì, al centro del Trapasso, la ventesima scena del ciclo di affreschi giotteschi che adornano la Basilica Superiore di Assisi, tra fraterelli che pregano e angeli dalle ali policrome che accompagnano il santo verso l’empireo fanno capolino anche vapori sulfurei che nessuno per secoli ha notato. Almeno sino all’arrivo della professoressa Chiara Frugoni.
La Frugoni, che racconterà nel dettaglio l’incredibile scoperta sul prossimo numero della rivista San Francesco Patrono d’Italia, si occupa da anni dell’iconografia e della storia francescana (è appena arrivato in libreria per i tipi di Einaudi il suo saggio Storia di Chiara e Francesco), ma la scoperta ha stupito anche lei. Ecco come la studiosa anticipa al Giornale il “ritrovamento” di questa testa satanica e munita di corna celata tra le nuvole che l’anima del santo attraversa per salire al cielo: «Mi stavo occupando del dipinto per una ricerca di altro genere, stavo confrontando la sua iconografia con quella di un paliotto (pannello decorativo ndr) appartenuto a Niccolò IV, il primo papa proveniente dall’ordine francescano...
La questione è complessa ma le analogie dimostrano che il ciclo degli affreschi ha avuto, nel 1292, anche il papa come committente... Ma mentre svolgevo questi confronti, guardando bene il centro del dipinto mi sono all’improvviso accorta del volto diabolico nascosto tra le nubi. E una volta che lo si guarda con attenzione diventa impossibile non vederlo...».
Quanto al perché la malvagia creatura faccia capolino proprio lì, Chiara Frugoni (che ha insegnato Storia medievale prima all’Università di Pisa e poi a Roma), con la giusta prudenza della studiosa propone due teorie: «Potrebbe essere un gioco di Giotto, una specie di scherzo. Oppure potrebbe essere un dettaglio iconografico voluto e palese, più serio. Nel Medioevo era credenza comune che i diavoli non fossero solo creature sotterranee, ma che vivessero nelle nuvole e provocassero le tempeste, e che dalle nuvole contendessero agli angeli le anime dei defunti che salivano verso il Paradiso... In questo senso l’immagine avrebbe una collocazione perfettamente adeguata».
E secondo la storica sarebbe stata facilmente comprensibile e quindi “visibile” per i contemporanei. Insomma, per rubare le parole alla semiotica (per una volta scienza utile), il segno all’epoca era in grado di essere subito colto nel suo significato dal referente.
«Bisogna ricordare che nel Medioevo la Basilica Inferiore era quella propriamente riservata ai pellegrini, a chi veniva a vedere la tomba del santo. La Basilica Superiore era invece quella dove si riunivano gli esponenti dell’ordine, era la grande aula delle cerimonie ufficiali dove si trovava anche il seggio papale. Chi entrava lì aveva tutte le conoscenze dottrinali per inquadrare e capire ogni dettaglio. Iconografia che è stata proprio pensata come un manifesto dell’Ordine: è l’autorappresentazione dei francescani al tempo di Niccolò IV». Certamente il dibatto su come inserire questo diavolo all’interno dell’iconografia francescano-giottesca non si chiuderà presto, sono già partiti i confronti con i diavoli della Cacciata dei diavoli da Arezzo e a qualcuno potrebbe anche venire in mente lo scontro tra San Francesco e il Diavolo per l’anima di Guido da Montefeltro raccontato da Dante in Inferno XXVII che, a parte la conclusione nefasta, ripropone, in forma scritta, un tema molto simile. E c’è chi cercherà come al solito di farne un mistero alla Dan Brown, magari con un Giotto eretico.
Ma una cosa è certa: questo diavolo fatto di nuvole cambia la storia dell’arte.
Sino a ora si credeva che il primo artista ad aver utilizzato le nuvole in forma plastica per nascondere un’immagine in un quadro fosse stato Mantegna nel suo San Sebastiano del 1460 (oggi conservato nel Kunsthistorisches Museum a Vienna) in cui, nelle nuvole sullo sfondo, si vede un misterioso cavaliere (forse uno dei cavalieri dell’Apocalisse, ma le interpretazioni sono le più varie). Bene, ora questo trucco, che evidentemente piace ai pittori, va retrodatato di due secoli. L’idea, davvero diabolica, è stata di Giotto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.