Assolti Stefio e Spinelli: non arruolavano mercenari

Mercenari al servizio di una potenza straniera? O gente che faceva magari un lavoro un po' strano ma del tutto legittimo, come il palombaro e il cercatore di perle? Per i giudici della Corte d'assise di Bari, ora che i clamori, le polemiche e il polverone di quei giorni si sono placati non c'è dubbio. Salvatore Stefio e Giampiero Spinelli, "uomini d'arme" in Irak, esperti di arti marziali e rapidi con mitra e pistole, sono innocenti, non hanno commesso reati, dunque vanno assolti perché il fatto non sussiste.
Insieme con Maurizio Agliana, Umberto Cupertino e Fabrizio Quattrocchi, Salvatore Stefio era stato rapito in Irak nel 2004. Cinquantasei lunghi giorni di prigionia; cinquantasei giorni di torture psicologiche, di schiaffi, di pugni, di finte esecuzioni. Gli insorti iracheni li avevano additati al disprezzo del popolo arabo e a quello delle anime candide d'Occidente come luride carogne, grandissimi mascalzoni armati al servizio del satana americano e dei loro lacché. Finché un giorno Fabrizio Quattrocchi non ne poté più, e latrò in faccia ai suoi aguzzini tutta la sua rabbia e il suo sdegno. Sapeva di rischiare la pelle, ma non gliene importava nulla. «Vi faccio vedere come muore un italiano», gridò sul grugno ai suoi carcerieri. Poi ci furono quei colpi in rapida successione, Quattrocchi si piegò su se stesso e sentì che la vita gli sfuggiva.
Per il pubblico ministero Manfredi Dini Ciacci, che sosteneva la pubblica accusa, gli imputati erano così colpevoli da meritare una condanna a quattro anni di reclusione. I giudici hanno deciso diversamente, riabilitando a posteriori, implicitamente, anche il povero Quattrocchi.
Stefio e Spinelli erano in particolare stati accusati di aver reclutato Didri Forese, Cupertino e Agliana. Per la pubblica accusa avevano violato l'articolo del codice penale che vieta agli italiani di organizzare servizi di scorta e di vigilanza negli Stati in cui l'Italia ha in corso interventi militare, sia pure di peacekeeping.
Nel corso del dibattimento hanno deposto come testimoni, tra gli altri, l'attuale ministro degli Esteri, Franco Frattini, e Massimo D'Alema, che sei anni fa, nel governo Prodi, rivestiva lo stesso incarico. In una delle ultime udienze, a rispondere alle domande degli avvocati Francesco Maria Colonna e Antonello Patanè, difensori di Spinelli e Stefio, era venuto anche l'ex direttore del Sismi, Nicolò Pollari.
Antonello Patanè, difensore di Stefio, non nasconde la sua soddisfazione. «Questo processo - spiega - non si sarebbe dovuto svolgere affatto. È la prima volta in Italia, almeno da quando il nostro Paese è una Repubblica, che si celebra un processo per questi reati. E penso che sia anche l'ultima. Un caso simile si è verificato solo nel 1939 a proposito dell'arruolamento degli italiani in Spagna, ma quella era tutta un'altra storia. L'unico dato positivo di questo processo - aggiunge Patanè - è che, d'ora in poi, queste persone non potranno più essere chiamate mercenari».


«Questa sentenza - commenta l'avvocato Francesco Maria Colonna, difensore di Spinelli - rivela l'ipocrisia della nostra nazione rispetto agli altri Paesi che avevano partecipato all'intervento di democratizzazione dell'Irak».

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