"Assurdo, l'Ordine punisce Feltri ma non un impostore come me"

Tommaso Debenedetti, pubblicista, per 10 anni scrive interviste inventate. I giornali ci cascano, poi viene smascherato. La solidarietà dei lettori

"Assurdo, l'Ordine punisce Feltri
ma non un impostore come me"

La sua colpa, dieci anni di finte interviste a big della cultura, pubblicate da diversi quotidiani ignari che si trattasse di falsi, meriterebbe di certo qualche sanzione. E invece a Tommaso Debenedetti, giornalista pubblicista, falsario reo confesso, l’Ordine dei giornalisti, lo stesso che ha messo in croce il direttore editoriale del Giornale Vittorio Feltri comminandogli una sospensione di tre mesi, non ha fatto proprio niente. Neanche un rimprovero bonario. A riprova del fatto che la legge, anche in campo di giustizia giornalistica, non è uguale per tutti.

È lo stesso Debenedetti, con una mail di solidarietà al direttore Feltri inviata alla nostra redazione, ad auto-denunciarsi, raccontando una storia, la sua, che è emblematica di come la giustizia giornalistica non funzioni. «Il meraviglioso, ineccepibile Ordine dei giornalisti che condanna il direttore del Giornale a un silenzio di tre mesi – sottolinea Debenedetti nel messaggio a Feltri – non interviene neppure quando non si tratta di punire voci scomode. Un falsario dichiarato rimane senza alcuna punizione mentre un grande professionista dell’informazione come Vittorio Feltri viene ridotto a un sia pur temporaneo ma pesantissimo silenzio».

E di falsario dichiarato si tratta proprio, in questa vicenda. Per dieci lunghi anni, senza che a nessuno dei giornali cui offriva le sue prestazioni venisse il minimo sospetto (Il Mattino, il Quotidiano nazionale, Libero), Debenedetti ha pubblicato interviste ai più grandi scrittori italiani e stranieri, da John Grisham a Philip Roth e J.K. Rowling, la mamma di Harry Potter, che l’anno scorso, senza saperlo, ai lettori italiani ha fatto anche gli auguri di Natale. «Ho cominciato per necessità – ricorda Debenedetti – costruendo senza averla mai fatta un’intervista che non ero riuscito a ottenere. Andò bene, poi cominciai a divertirmi e non ho più smesso. Non lo facevo per soldi, mi pagavano poco. Era proprio un divertimento».

Dieci anni. Dieci anni di scoop senza destare sospetti. Il giocattolo si è rotto a marzo del 2010, quando Philip Roth, intervistato sul serio da Repubblica, a una domanda su un attacco a Obama contenuto in una sua intervista a Libero, è cascato dalle nuvole. Da lì alla scoperta dell’inganno il passo è stato breve. Debenedetti ha confessato. E della sua vicenda si sono occupati i giornali italiani ma soprattutto quelli stranieri, El Paìs, che lo ha intervistato, in prima fila. E l’Ordine dei giornalisti, cui Debenedetti è iscritto, nell’albo dei pubblicisti del Lazio, dal maggio del 1997? «Assolutamente nulla, quando è esplosa la vicenda nessuno mi ha né scritto né contattato.

Non è stato aperto alcun fascicolo su di me». L’Ordine dei giornalisti del Lazio conferma: sul caso Debenedetti non c’è nessun procedimento disciplinare aperto. «Evidentemente – chiosa il giornalista – come falsario non sono scomodo a livello politico».

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