(...) metafora abusata, un luogo comune linguistico, un gioco di parole. Stavolta, intendiamo proprio in senso letterale. Perchè la nuova frontiera del teatro a Genova negli ultimi giorni è la scena che si fa tavola da pranzo, la recitazione che si fa affabulazione e quasi abbuffata, le poltrone che si fanno tavolini, il pubblico e gli attori che si fanno commensali. Con due spettacoli che mi sento di sponsorizzare con decisione, come si fa con il passaparola con gli amici.
Partiamo dal teatro della Corte dove - ancora stasera alle 20,30 e domani alle 16 - Marco Paolini porta in scena i suoi Miserabili, in compagnia dei Mercanti di Liquore. Ora, Paolini ha una sua tesi forte, dura, a volte urticante, quasi un pugno nello stomaco contro la società di oggi e il cambiamento del mercato del lavoro. Una tesi che si può condividere oppure no. Ma qui parliamo di teatro e non di politica, di arte e non di flessibilità. E, quindi, il punto sta altrove; il punto è nel modo in cui Paolini presenta il suo spettacolo, in mezzo alla platea, prima ancora di salire sul palco: «É come essere al supermercato e portare il carrello della spesa. A volte, capita di prendere per sbaglio il carrello di un altro e, per esempio, quando si ama lo yogurt si è disgustati dal carrello di chi compra solo budino. Ecco, questo spettacolo è il mio carrello».
Una dichiarazione di onestà intellettuale assoluta. Con la metafora del carrello che attraversa circolarmente lo spettacolo durante il quale Paolini parla di carta forno e mangia banane, beve vino e dà ricette. Alla fine, lo spettatore è sazio, soddisfatto. Persino se il suo carrello è diversissimo da quello dellaffabulatore trevigiano, che si conferma artista straordinario.
A qualche chilometro di distanza, va ancora meglio. Perchè allArchivolto, va in scena (ancora stasera alle 20), Barnum, la seconda tappa del «progetto Baricco» partito con il Seta di Claudio Bisio e che si concluderà nella prossima stagione teatrale con Oceano Mare. Come nel caso di Seta, anche Barnum è una lettura che le scene di Guido Fiorato, le luci di Aldo Mantovani e la regia di Giorgio Gallione trasformano in teatro vero e proprio. In scena, con il sottofondo delle musiche del Circolo Musicale Risorgimento, Giorgio Scaramuzzino e Rosanna Naddeo leggono brani degli articoli giornalistici di Baricco. Scaramuzzino lo fa molto meglio.
Ma lo spettacolo, in qualche modo, non sta sul palco. Sta in platea. O, meglio, in quello che è rimasto della platea. Perchè le poltroncine della sala Mercato sono sostituite da tavolini e sedie da ristorante, attorno alle quali si muovono inizialmente gli stessi attori che augurano «buon appetito» e camerieri di La Vie en Rose che servono pietanze dopo aver fatto la spesa alla Coop.
No, non avete letto male. Funziona proprio così: la cena diventa spettacolo e lo spettacolo diventa cena. E così il programma di sala non è altro che il menù e i brani di Baricco sullobesità negli States e su Pasolini (in assoluto i migliori dello spettacolo) si alternano a bresaola, rucola e grana, a una fantasia di mozzarella e a uno sformato di zucca e broccoletti. Nei bicchieri si versano Bonarda, acqua naturale e frizzante. Altre letture, altra musica ed altre pietanze: risotto venere con gorgonzola e stracchino e crespelle con crema di bietole. Su su, fino al brano sullosservatorio astronomico di Palomar, che va quasi di pari passo con il dessert. Bavarese alla vaniglia, per la cronaca.
Fino alle chiamate in scena, agli inchini, agli applausi, ai saluti, ma soprattutto al «caffè alluscita», come recita precisissimo il programma di sala-menù. Che, peraltro, informa anche: «I posti saranno assegnati dal personale di sala». E qui, forse, cè la vera scelta da applausi, addirittura più di Scaramuzzino, migliore in campo della serata. Coppie e fidanzatini sono lasciati da soli, due a due, mentre i gruppi di amici vengono sistemati in tavolini da quattro o da cinque. Insomma, una sensibilità notevole.
Ora, non so se tutto questo debba andare nella pagina del teatro o in quella della gastronomia. Quel che so è che la nuova frontiera gastronomica del teatro genovese, mi fa venire lacquolina in bocca, in tutti i sensi.
Però, sono due spettacoli che fanno pensare. E tanto basta.
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