
Doveva succedere. Ed è successo. Vogue America, la Bibbia della moda, la rivista che non segue le tendenze ma le crea, per la prima volta ha ospitato la campagna pubblicitaria di un grande marchio con protagonista una modella creata al computer. E poiché l'intelligenza artificiale elabora dati, informazioni, richieste, desideri e «canoni» che gli forniamo noi, il risultato stereotipato ma a suo modo molto reale quale è? A dispetto di tutte le prediche positive e moraliste («Il bello è dentro di te», «Puoi essere bella anche con i tuoi difetti», «La bellezza è nell'imperfezione»), la modella che tutti abbiamo in testa e che il digitale ci restituisce è: femmina, giovane, bianca, magra, bionda, occhi azzurri. Ma dai... Da Grace Kelly a Barbie, da Marilyn a BB, da Pamela Anderson che sembra Barbie fino a Margot Robbie che fa Barbie, nulla è cambiato. E qualcosa vorrà pur dire. A proposito. La modella artificiale somiglia molto alla modella di Raoul Bova e alla modella di Jannik Sinner. E anche questo qualcosa vorrà pur dire.
L'artificiale è più vero del naturale.
Ma naturalmente la sinistra più inclusiva, l'ala curvy del femminismo, le associazioni «body positive» e il mondo Lgbtq hanno già protestato, scandalizzati contro una bellezza che non vogliono.
Non gli basta schiantarsi contro il dato di realtà (Victoria's Secret ha già ritirato l'angelo trans, la Pirelli ha rinunciato alle modelle plus size e le top model di colore sono residuali). Adesso devono sbattere la faccia anche contro il dato di irrealtà. Non hanno più voti, perderanno anche i like.