
Cara Valeria, io e mio marito abbiamo una bambina di 11 anni, Flavia, che da qualche anno gioca a calcio. Si è affacciata a questo sport con profonda curiosità, poi si è appassionata ed è felice di giocare insieme alle sue amichette. Quando le fanno fare le partite contro i bambini, anche più piccoli, perdono sempre, subendo delle clamorose batoste, però nelle sfide con le altre bimbe se la cavano molto bene. Flavia gioca in difesa, con il compito preciso, affidatole dall’allenatrice, di non far passare gli avversari: deve fare da muro. Ogni tanto le viene concesso di proiettarsi in avanti, in attacco, e una volta che è riuscita a fare gol ha camminato sollevata a dieci centimetri dal suolo per settimane da tanto che era felice. Da qualche mese mio marito si è messo in testa che Flavia deve cambiare sport. Così ha iniziato a proporle di fare questo o quello, anche le attività più disparate o in luoghi lontani da raggiungere da casa nostra, ma lei non vuole saperne. Un giorno l’ho affrontato e gli ho chiesto: perché vuoi toglierla da calcio? Lui mi fa: non vorrei che diventasse lesbica. Mi si è gelato il sangue nelle vene. Non credevo di aver sposato un uomo del Medioevo. Lei cosa ne pensa?
Paola
Che non è uno sport ad orientare i gusti sessuali di una persona. Magari lo si sceglie perché si è già orientati e magari è solo uno sport. Ma so che questa stigmatizzazione del calcio femminile è molto diffusa: se una ragazza gioca a calcio, allora è lesbica. Certo non è l’esaltazione della femminilità, nulla aiuta in questo senso: la muscolatura che sviluppa, l’abbigliamento, i movimenti... ma non vedo che problema ci sia se fa felice sua figlia. L’ha scelto, vuole farlo ed è esaltata quando le riesce. Quindi la lascerei in pace alle sue partite e lavorerei piuttosto su suo marito che, se davvero avesse un dubbio circa la sessualità di vostra figlia, dovrebbe iniziare a parlarne in termini e toni diversi. «Non vorrei che diventasse lesbica»... E se anche lo fosse? Smetterebbe di essere la sua bambina? Comprendo benissimo che sia una cosa da elaborare per il semplice fatto che quando mettiamo al mondo dei figli siamo predisposti a pensare a loro in maniera «tradizionale».
Ma se c’è una cosa che sono in grado di insegnarti è che le cose non vanno sempre come te le aspetti ed è sacrosanto così perché non sono cloni ma persone, altre da noi. Ogni madre vuole il meglio per i propri figli, quelle fortunate lo vedono avverarsi. Ma il meglio, per loro, può essere ovunque.