
"Emilio Fede è stato un grande maestro di giornalismo. Mi trattava male, mi cazziava, è vero, ma lo faceva perché mi voleva bene. Potrei raccontare centinaia di episodi, ma oggi prevale il dolore per i famigliari e per la figlia Sveva, di cui sono amico". È un Paolo Brosio commosso quello che ricorda l'ex direttore del Tg4, con cui ha lavorato per diversi anni. "Quando gli dissi che avevo firmato con la Rai e che avrei lavorato con Fazio per Quelli che il calcio mi tirò dietro una macchina da scrivere e per poco non colpì la sua segretaria", ricorda, dicendosi "davvero dispiaciuto" per la morte del giornalista, ma anche "felice di averlo incontrato in un momento particolare della mia vita".
"Ero inviato al Secolo XIX, ma volevo trasferirmi a Milano perché ero innamorato di una bellissima ragazza - spiega Brosio -. Avevo conosciuto Berlusconi e gli avevo mandato un curriculum. Arrivai a Milano 2 in mezzo a una nebbia che non avevo mai visto. Fede mi diede il testo scarno di un'agenzia chiedendo di farne un servizio. Andò bene, mi trasferii a Milano e iniziai a lavorare per lui, ma quella ragazza che nel frattempo era diventata mia moglie mi lasciò, perché Fede mi faceva girare il mondo".
"Il nostro - prosegue Brosio - era un rapporto di amore e odio. Lui era professionalmente innamorato di me, perché gli ricordavo lui da giovane, e mi ha modellato come argilla da bravo cronista. D'estate mi invitava nella sua villa di Capri, andavamo in barca e c'era anche la moglie Diana, una donna di grandissima cultura".