Suicidio assistito: cos'è e le differenze con l'eutanasia

Una tematica da sempre molto delicata e dibattuta. Ecco tutto quello che c'è sa sapere

Suicidio assistito: cos'è e le differenze con l'eutanasia

Con la morte delle indimenticabili gemelle Alice ed Ellen Kessler torna d'attualità una tematica molto delicata, quella relativa al suicidio assistito che le due artiste avrebbero scelto per porre fine alla loro vita terrena.

La differenza con l'eutanasia

L'eutanasia è quella pratica per cui un soggetto terzo (un medico) procura la morte di un individuo consenziente e capace di intendere e volere per alleviare le sofferenze nel caso, ad esempio, di malattie incurabili. Nel caso del suicidio medicalmente assistito, invece, è il paziente che deve autosoministrarsi il farmaco per porre fine alle proprie sofferenze.

I casi previsti per questa tipologia di suicidio in Italia sono quattro. "La persona che ne fa richiesta deve essere pienamente capace di intendere e volere, deve avere una patologia irreversibile, deve essere portatrice di gravi sofferenze fisiche o psichiche e deve sopravvivere grazie a trattamenti di sostegno vitale", spiega l'associazione Luca Coscioni.

Come funziona in Italia

In assenza di una legge nazionale che regolamenti l'aiuto alla morte volontaria, ovvero l’accesso al suicidio assistito, in Italia questa scelta di fine vita è normata dalla sentenza numero 242 del 2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato-Antoniani, che ha legalizzato l’accesso alla procedura ma solo a precise condizioni. La Consulta ha disposto, con una sentenza di incostituzionalità parziale dell’articolo 580 del codice penale, che la persona malata che vuole accedere all’aiuto alla morte volontaria (suicidio assistito) deve essere in possesso di determinati requisiti: deve essere capace di autodeterminarsi; essere affetta da patologia irreversibile; tale patologia deve essere fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che la persona reputa intollerabili; essere dipendente da trattamenti di sostegno vitale.

Questi requisiti, insieme alle modalità per procedere, devono essere verificati dal Servizio Sanitario Nazionale con le modalità previste dalla legge sulle Dat agli articoli 1 e 2 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, 219/17), previo parere del comitato etico territorialmente competente. L’azienda sanitaria deve inoltre verificare le modalità di esecuzione che dovranno essere tali da evitare abusi contro persone vulnerabili, da garantire la dignità del paziente e da evitare al medesimo sofferenze.

Ai sensi della recente sentenza costituzionale n.135 del 2024 la Consulta, ricorda l'Associazione Coscioni, ha anche ampliato la portata del requisito del trattamento di sostegno vitale includendo tutte quelle procedure che, indipendentemente dal loro grado di complessità tecnica e di invasività, sono normalmente compiute da familiari o caregivers. Ha inoltre affermato che il requisito del "trattamento di sostegno vitale" può dirsi soddisfatto anche quando non sia in esecuzione perché, legittimamente, rifiutato dalla persona malata. Ad oggi, sono 16 le persone che hanno ricevuto il via libera per l’accesso al suicidio assistito in Italia. Di queste 12 persone hanno effettivamente avuto accesso di cui 7 sono state assistite dal team legale dell’Associazione Luca Coscioni, 5 apprese da media e accesso agli atti (3 in Toscana, 1 in Emilia Romagna, 1 in Campania. Gli altri 4 hanno scelto di non procedere o non hanno potuto procedere.

Come funziona in Germania e nel mondo

In Europa l’eutanasia e il suicidio assistito sono legali in Olanda, Belgio, Lussemburgo, Svizzera, Spagna e Portogallo. In Danimarca, Svezia e Norvegia è tollerato ma non legiferato. Nel mondo l'eutanasia è autorizzata a Cuba, in Colombia, Nuova Zelanda, Canada, Uruguay e in undici Stati Usa (Washington, Delaware, Hawaii, Oregon, California, Montana, Colorado, Nuovo Messico, Maine, Vermont e New Jersey). In Polonia è vietata l’eutanasia in tutte le sue forme, con pene previste fino a 5 anni di prigione. Paesi come la Grecia (dove pesa l’influenza della Chiesa greco ortodossa), la Bosnia e la Serbia considerano l’eutanasia un omicidio e la puniscono come tale.

In Germania il suicidio assistito – Beihilfe zum Freitod – è consentito dal 2020, in seguito a una sentenza della Corte costituzionale federale che ha riconosciuto a ogni individuo il diritto di porre fine alla propria vita in modo autonomo e, se lo desidera, con l’aiuto di terzi. L’unica condizione imprescindibile è che la persona sia pienamente capace di intendere e di volere. Rimane invece vietata l’eutanasia attiva, ossia la “morte su richiesta” provocata direttamente da un’altra persona. Organizzazioni come la Deutsche Gesellschaft für humanes Sterben (DGHS), la più antica e grande associazione tedesca per i diritti civili e la tutela dei pazienti, offrono consulenza e accompagnamento a chi intende ricorrere al suicidio assistito.

Per accedere alla procedura tramite la DGHS occorre essere membri da almeno sei mesi e aver partecipato a colloqui preparatori. Una volta approvata la richiesta, il percorso prevede l’assistenza congiunta di un medico e di un consulente legale, mentre l’assunzione della sostanza letale deve essere compiuta autonomamente dalla persona interessata. Il suicidio assistito implica che una terza parte – definita facilitatore del suicidio – metta a disposizione tutto ciò che è necessario per porre fine alla vita, servizio che può essere offerto anche a titolo commerciale. Il facilitatore non è però autorizzato a somministrare direttamente i farmaci: l’atto finale resta sempre personale e volontario.

La procedura prevede una serie di colloqui per verificare le condizioni del richiedente e accertarne la capacità decisionale. Solo dopo questi passaggi può essere fissato un appuntamento per l’assistenza al suicidio, alla presenza di un medico e di un testimone legale. Al momento del decesso, la polizia deve essere informata per avviare le indagini previste dalla legge.Il primo Paese al mondo a rendere legale la ‘dolce morte’ è stata l’Olanda nel 2002. Qui è legale anche il suicidio assistito, esteso dal 2020 anche ai minori di 12 anni, malati terminali. Ma il primo Paese a introdurre l’eutanasia infantile, senza limiti d’età e previo consenso dei genitori, è stato il Belgio nel 2016.

A Bruxelles l’eutanasia è stata legalizzata nel 2003, mentre il suicidio assistito non è esplicitamente legale. In Lussemburgo, dove è stata legalizzata nel 2009, l’eutanasia è possibile solo per gli adulti e per i malati terminali le cui condizioni fisiche o psicologiche causino sofferenze senza prospettive.In Svizzera l’eutanasia volontaria non è legale. Ma l’articolo 115 del codice penale elvetico consente il suicidio assistito se eseguito da una persona, che non sia un medico, che non abbia alcun interesse nella morte del soggetto. Alla classe medica è vietato partecipare attivamente al suicidio assistito, così come lo è per i parenti. La Svizzera consente dunque sia l’eutanasia attiva indiretta, attraverso l’assunzione di sostanze specifiche, sia quella passiva, tramite l’interruzione di trattamenti di cura e mantenimento in vita. Qui è possibile scegliere anche il suicidio assistito sia per gli svizzeri che per gli stranieri.

Nel Regno Unito sia l’eutanasia sia il suicidio assistito sono illegali, con pene fino a 14 anni. Tuttavia, nel 2015, il Parlamento scozzese ha approvato una legge che permette ai medici di prescrivere farmaci letali ai pazienti terminali, a condizione che siano in grado di prendere decisioni informate e che abbiano espresso la loro volontà di morire in modo chiaro e ripetuto. In Francia, nel 2016, il governo ha promulgato la legge Claeys-Leonetti introducendo il diritto a una ‘sedazione profonda e continua fino al decesso’. A maggio i membri del Parlamento hanno votato a larga maggioranza a favore dei due disegni di legge sul fine vita volti ad estendere le cure palliative e ad aprire alla morte assistita.

La Spagna nel 2021 ha approvato il suicidio assistito attraverso la somministrazione diretta al paziente di una sostanza da parte di un operatore sanitario competente o tramite la prescrizione o la fornitura da parte di un operatore sanitario di una sostanza che il paziente possa auto-somministrarsi per causare la propria morte.Il paziente ha il diritto di scegliere tra le due modalità di prestazione.

I requisiti sono quelli di essere maggiorenne e essere capace e cosciente al momento della richiesta; avere la cittadinanza spagnola o la residenza legale in Spagna o un certificato che attesti una permanenza nel territorio spagnolo superiore a dodici mesi; soffrire di una malattia grave e incurabile o di una patologia grave, cronica e invalidante, certificata dal medico responsabile; aver presentato due richieste volontarie e scritte, o con altri mezzi che ne consentano la registrazione, che non siano il risultato di alcuna pressione esterna, a distanza di almeno quindici giorni naturali l'una dall'altra e infine aver prestato il proprio consenso informato prima di ricevere l'assistenza al suicidio.

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