
Gentile Valeria, avevo in mente di scriverle una lettera per parlarle del mio problema quando, per puro caso, vedendo un film di Sorrentino (Parthenope) ho avuto modo di ascoltare una canzone di Riccardo Cocciante che mi ha lasciato di stucco: «Era già tutto previsto / Fino al punto che sapevo / Che oggi tu mi avresti detto / Quelle cose che mi dici / Che non siamo più felici / Che io sono troppo buono / Che per te ci vuole un uomo / Che ti sappia soddisfare...». Insomma, per farla breve, Cocciante 50 anni fa (la canzone è del 1975) aveva descritto alla perfezione quello che è capitato a me e, immagino, anche a molti altri. Ho avuto una bella storia d’amore con una persona davvero speciale, unica per me. Poi però, all’improvviso, è finito tutto. Non sono stato capace di tenerla stretta a me, sono stato troppo poco per lei. E ora, qui, come diceva Cocciante, «mi butto sopra il letto e mi abbraccio il tuo cuscino...». Lei forse mi dirà...«è la classica storia di un amore che si sta spegnendo, con il protagonista che, pur avvertendo il cambiamento nella partner, si illude di poterla riconquistare o di poter cambiare le cose». Tutto già scritto e cantato, nulla di nuovo sotto il sole. Però si sta male da cani. Pensa che sia un esempio, il mio, di immaturità?
Andrea (Trieste)
Penso che il suo sia un esempio di dolore, piuttosto. Non so quanti anni lei abbia né da quanto tempo sia finita la sua relazione (e sinceramente sarebbero due informazioni utili...) ma per il resto mi sembra che lei stia percorrendo l’angusto tunnel nel quale chiunque di noi, almeno una volta nella vita, si è trovato incastrato. Compreso l’ascolto di certe canzoni che in determinati momenti sembrano fatte apposte per strapparci la pelle e noi lo sappiamo ma le ascoltiamo lo stesso. Anche a ripetizione. Quando si soffre per amore, chissà perché, arriva un momento in cui si fa di tutto per soffrire anche di più. Ci si impasta di lacrime e malinconia con un masochismo inspiegabile. Stai per piangere, sai che stai per piangere e ti apparecchi tutto attorno in maniera tale da non poter evitare il pianto: musiche, profumi, luoghi, foto... Forse si cerca inconsciamente di toccare il fondo per risalire o forse è solo l’elaborazione del lutto.
Quindi Andrea, si apparecchi comodo con fazzoletti e colonne sonore perché non c’è altro da fare. E solo lei saprà quando avrà finito di buttar fuori tossine e ricordi. Magari, però, riemerga con più autostima e più senso critico: chi l’ha detto che è stata solo tutta colpa sua?