Gli autisti col telefonino si slogano le spalle

Non ha mai fatto uno sciopero. E non ha mai fatto neppure un giorno di malattia. Record di Pino. Niente male davvero come attaccamento al lavoro. Certo, Pino ha un fisico di ferro e anche con un po’ di febbre addosso, lui, montava sul «suo» tram. Se non fosse scattata implacabile l’ora della pensione, be’ Pino sarebbe rimasto ancora in servizio.
La nostalgia è però forte e Pino, con alle spalle due anni e più di pensione, ritorna spesso e volentieri al «suo» deposito. Quattro chiacchiere con gli altri «manetta», un bicchiere di vino e una quasi certezza, «i miei vecchi amici li ritrovo sempre, mentre i giovani, nanca de credegh, sono sempre assenti». Già, in Atm ci si ammala troppo spesso. Un niente e, oplà, si ricorre al medico di famiglia. Che è assenteismo travestito da infortunio. Brutta abitudine per gli ottomila dipendenti dell’azienda tranviaria.
Ma, attenzione, il vertice Atm non gradisce affatto diffondere dati in merito per evitare di infastidire ulteriormente i sindacati già sul piede di guerra. Ugualmente però dalla direzione di foro Bonaparte escono i numeri della prassi così cara agli autisti: poco più di 800 eventi su ottomila dipendenti, di cui qualcosa come duecento fermate per incidenti catalogati come «casa-lavoro» e «lavoro-mensa» e altrettanti per «altre motivazioni». Che significa «altre motivazioni»? Voce che si declina in microinfortuni, anche con un solo giorno di assenza. Singolare sfruculiare tra le motivazioni dei microinfortuni: la giusticazione più sfruttata è quella di un’assenza causata da «malattia osteoarticolare causata da vibrazioni meccaniche prodotte da strumenti di lavoro e trasmesse al sistema braccio». Traduzione: il blocco della spalla provocato nientepopodimeno che dallo spostamento della leva del cambio a mano oppure la spalla slogatasi manovrando lo specchietto retrovisore. Operazioni abituali per ogni guidatore che però, sorpresa, provocano disagi e infortuni se fatte da un tranviere.
Va detto, naturalmente, che i medici di famiglia «non possono negare il certificato a chi arriva in studio dicendo di aver subito un infortunio sul lavoro» rimarca lo Snami, sindacato nazionale dei medici italiani. Dunque, in Atm c’è chi ci marcia forte anche del silenzio dei sindacati e, perché no, dell’azienda che pure, in passato, aveva reclamato un «contributo ai medici e ai sindacati per smascherare i falsi infortunati». Falsi infortunati che, tra l’altro, aumentano sempre in prossimità di due periodi dell’anno, prima delle ferie e prima delle festività natalizie: «Mettersi in infortunio conviene anche rispetto alla malattia perché non ci sono controlli a casa e si può pure stare in luoghi diversi dal proprio domicilio abituale» ammettono quelli che ci marciano.
C’è poi, diciamo, un benefit: la retribuzione dell’infortunato è pari al cento per cento contro l’ottanta di chi sceglie la malattia. Il tutto sempre a carico dei milanesi, così come ricade sulla città il calo di produttività provocato dai furbetti dell’Atm. Quelli che, magari, tra qualche giorno tenteranno di appiedare la città.

Il primo dicembre i sindacati di base organizzano ventiquattr’ore di sciopero, braccia incrociate per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro. Alternativa all’assenza per infortunio.
gianandrea.zagato@ilgiornale.it

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