Milano - «Fatti, numeri e risultati»: così Autostrade risponde a Di Pietro e alle sue accuse sui mancati investimenti. Un «libro bianco», anzi un’autobiografia in cui la società racconta se stessa, come ha ricordato l’amministratore delegato Giovanni Castellucci, a sette anni dalla privatizzazione. Ma anche a pochi mesi dalla rinuncia alla fusione con la spagnola Abertis e a poche settimane dalla modifica dei contratti di concessione, seguita dallo stop agli aumenti tariffari, voluto soprattutto dal ministro delle Infrastrutture per «punire» le concessionarie, accusate di ritardi negli investimenti: «Quattro o cinque società sono a rischio di revoca concessioni», ha detto ieri Di Pietro.
Da qui la contromossa di Castellucci, che si affida alla forza dei numeri: «Rispetto al 1999 - ha detto - la società ha triplicato gli investimenti: nel 2006 erano 1,17 miliardi, quest’anno faremo anche di più e meglio ancora nel 2008. Ogni ritardo per noi è un aumento di costi: ecco perché abbiamo interesse ad andare sempre a tavoletta. I rinvii non dipendono da noi, ma dagli interminabili iter burocratici delle autorizzazioni». Quanto ai calcoli degli aumenti, Autostrade sostiene di non conoscerne gli elementi, contrariamente a quanto afferma Di Pietro.
Domani, intanto, si riunirà il consiglio d’amministrazione della holding Autostrade, che però potrebbe presto cambiare nome. «Abbiamo inserito un punto ad hoc nell’ordine del giorno - spiega Castellucci - perché riteniamo necessario separare il ruolo della società quotata in Borsa da quello di Autostrade per l’Italia, titolare della concessione: in questo senso, il nome uguale non aiuta certo a fare chiarezza». E in tema di bilanci, Castellucci per la prima volta ammette: «Annunciare la fusione con Abertis, a cavallo fra due governi, è stata obiettivamente una scelta infelice». E adesso, si può ripartire? «I contatti con Abertis continuano: senza dimenticare che Bruxelles deve ancora pronunciarsi.
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