Da Avati a Veronesi, il cinema riscopre la famiglia

TUTTI A CASA Geometrie variabili (e multietniche) per l’istituzione che resta un pilastro sociale

In America sette milioni di barboni vivono per strada senza tetto né legge e metà di essi ha meno di trent’anni: una folla di neomiserabili postcrisi, che non conta sulla pensioncina dei nonni o lo stipendio di papà, andando subito a ramengo se ha sbagliato a fare i conti. Ma la borsetta di mammà (come cantava Carosone) o il comodino di zio si aprono ancora, da noi, per le necessità di chi divide tetto e mensa. La famiglia, insomma, tiene sotto il cielo italiano, riflesso sul piccolo e sul grande schermo come ci fosse un solo posto dove tornare: a casa. Pure da bamboccioni. Che si tratti di famiglia allargata o di nuclei aggregati alla bisogna, magari con la serva che diventa moglie del capofamiglia vedovo (come nel film di Verdone Io, loro e Lara, esempio di contemporaneo sfascio familiare, per Marcello Veneziani), non importa. Fosse vivo Gide, che coniò l’aforisma «Famiglie. Vi odio!», magari amerebbe i pastrocchi tv, dove pare Grand Hotel (gente che va, gente che viene), però mai in stile Beautiful, con incroci incestuosi tra nuore e suoceri, figli e figliastri (per quanto, nell’ultimo Cesaroni, varie puntate giravano intorno al perno semiporno fratello-ama-sorellastra, al punto di farci un figlio...).
In Tutti pazzi per amore, in primavera alla seconda ripresa su Raiuno (ma senza Stefania Rocca, sostituita perché incinta: alla faccia della maternità, pilastro familiare) compare un papà gay, ma è qualcosa di bonariamente macchiettistico, che per nulla compete con la seriosità politicamente corretta del parente gay ritratto in Desperate Housewives col massimo di verosimiglianza sociale. A volte uno si chiede: ma dove vivono gli sceneggiatori di certe fiction nostrane, che mai tratteggiano la madre di famiglia un po’ sfatta, però tanto umana? Più incisivi con i padri normali, come Lando Buzzanca genitore di un gay in Io e mio figlio? La Rocca e la Liskova, nuova protagonista di Tutti pazzi per amore, sono alte, magre e hanno un mare di marmocchi: è noto che fare bambini migliora la linea. Ma è fiction, mica reality. D’accordo: ecco un’altra stupenda Donna detective, Lucrezia Lante Della Rovere, in marzo alle prese (sempre su Raiuno) con due figli, una sorella e un marito medico, ex carcerato. Nessuno sembra vivere con nessun altro, ma ognuno sa i cavoli di tutti.
Intanto, dalla Rai giunge una notizia: non sono certi di tenere in vita Nonno Libero, l’anno prossimo. Dopo 10 anni di Un medico in famiglia (chiuso col 30% di share) sembra a rischio la famiglia Martini. In compenso, un’overdose di familismo s’immette su Raiuno con La mia casa è piena di specchi, dove Sophia Loren interpreta sua madre Romilda in un mélo dal romanzo di Maria Scicolone, sorella della diva e madre dell’onorevole Mussolini. «L’ho fatto per mia madre, per mostrare come ha vissuto in amarezza», dice la star puteolana, madre di Fellini in Nine di Rob Marshall.

E un monumento a sua madre, tramite la moglie attrice Micaela Ramazzotti, erige Virzì, nel suo film La prima cosa bella (dal 15, a scontro con Avatar), mentre la famiglia superstar, al cinema, fa Baciami ancora (Muccino), aspetta Il figlio più piccolo (Avati), implora Scusa, ma ti voglio sposare (Moccia), si chiede Cosa voglio di più (Soldini), è pronta a dare Genitori e figli. Istruzioni per l’uso (Veronesi) e, insomma, mantiene La bellezza del somaro (Castellitto). Cioè la gioventù di un’istituzione, che si presenta come uno spezzatino quasi da pattumiera però continua a sfamare.

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