
«Nessuno vuole vedere fotografie proiettate su uno schermo tv». Oggi questa frase suona strana, ma è la paradossale conclusione di una storia entrata negli annali del marketing come esempio da non imitare. Siamo nel 1973, Steven Sasson, un giovane ingegnere americano lavora presso la sede Kodak di Rochester (New York). Al ragazzo viene affidato un progetto marginale: il Ccd, un dispositivo che catturava la luce e la trasformava in un segnale elettrico. Sasson intende utilizzarlo come macchina fotografica visto che quello è il core business dell'azienda (le pellicole). Ma il segnale elettrico si disperde velocemente e così il ragazzo ha un'idea: digitalizzare gli impulsi, ossia trasformarli in sequenze binarie, memorizzarli su un dispositivo Ram (quello che abbiamo nei nostri pc e nei nostri smartphone) e poi ricomporli in immagini.
È così che Sasson inventò la prima fotocamera digitale della storia che in circa un minuto sviluppava foto in bianco e nero formato 100x100 pixel (una miniatura). I boss di Kodak pensarono che l'invenzione avrebbe sottratto mercato alle pellicole per la stampa tradizionale delle foto e pregarono Sasson di non diffondere la notizia. Quando negli anni '90 la fotografia digitale esplose, Kodak aveva perso il treno e quando nel 2007 Steve Jobs con l'iPhone rivoluzionò il mondo spazzò via non solo i concorrenti Nokia e Blackberry, ma anche Kodak. Le foto ormai si vedevano su uno schermo e si inviavano.
Ecco perché quello che è accaduto ieri negli States fa rumore solo per i nostalgici dei tempi che furono. Kodak non ha mezzi sufficienti per onorare un finanziamento da 500 milioni di dollari e ha interrotto i pagamenti dei piani pensionistici dei dipendenti. «Ci sono dubbi sulla continuità aziendale», ha scritto la società nel report del trimestre che si è chiuso con una perdita di 26 milioni di dollari. Ma la Kodak di oggi non è quella nota a tutti fino alla Generazione X. La società americana ha conservato praticamente solo la produzione di pellicole cinematografiche del suo business originario, mentre il resto è dedicato alla stampa digitale e alle soluzioni per le imprese. Il gruppo stava cercando di entrare anche nella chimica farmaceutica. Ma è un percorso che richiede tempo e denaro.
E il tempo è scaduto nel lontano 2012 quando la società entrò in Chapter 11 (l'amministrazione controllata nel diritto Usa; ndr) sotto il peso di circa 7 miliardi di dollari di debiti. Fine delle macchine fotografiche analogiche e digitali e fine delle pellicole con la cessione dei brevetti o la loro concessione in licenza. Insomma, la storia era terminata da un pezzo.
Con sommo dispiacere di chi guardava con stupore ogni sera lo spot in stile Blade runner, girato da un maestro del cinema come Alessandro D'Alatri, in cui l'alieno utilizzava i suoi poteri telecinetici per spostare il rullino da sviluppare dal contenitore generico a quello della carta da stampa americana dicendo: «Ciribiribì Kodak». La crisi irreversibile era dietro l'angolo. Sono cose che possono accadere quando difetta la lungimiranza o l'umiltà. Perché, sì, la gente oggi vuole vedere le fotografie su uno schermo.