
Dalla Torre di Babele alla Sistina. Per ora, perché i 145 metri della «Linea del tempo» inaugurati nella Torre della Iulm sono solo la prima tappa della nuova opera consegnata al Museo della Comunicazione dell'ateneo. Il primo in Italia, sorto all'interno del campus dell'università a questo dedicata. E così dopo l'installazione firmata da Ugo Nespolo e il Muro del cinema, ecco le prime 52 tappe di una spirale che racconta, stazione per stazione, l'evolversi dei linguaggi. Al plurale. E a mancare non sono certo le sorprese, visto che tra i mezzi di comunicazione ci sono i Segnali di fumo degli indiani d'America, degli aborigeni australiani e degli Yamana nella Terra del fuoco. «Ma solo pochi giorni fa - spiazza tutti con l'abitale acutezza l'ex rettore Gianni Canova - siamo stati tutti in attesa di una fumata che annunciava la scelta del nuovo Papa».
Di straordinaria suggestione il racconto (mythos) dell'origine, la Babele dove gli uomini parlavano la stessa lingua, fino all'ambizione di costruire una torre per sfiorare il cielo e arrivare a un Dio che non gradì la superbia e li precipitò nel nel caos facendo loro parlare lingue diverse. «Ma proprio da qui - spiega Sergio Pappalettera - nasce quella diversificazione da cui deriva la necessità di trovare linguaggi comuni». Facendo così nascere da un mito la storia della comunicazione. «L'Università Iulm spiega la rettrice Valentina Garavaglia ospita già da anni opere d'arte, da Pomodoro a Isgrò, Moncada e Rotelli. Un quartiere può rigenerarsi anche a partire dalle opere d'arte che custodisce. Per questo vogliamo continuare a fare del nostro Campus un territorio di bellezza diffusa aperto a tutti. Un luogo da vivere in comunità». Parole ancor più preziose quando, lungo i muri, si incontra Umberto Eco a fianco del 1088 che segnò la fondazione a Bologna della prima università. «Di qualsiasi cosa - diceva - i mass media si stanno occupando oggi, l'università se ne è occupata venti anni fa e quello di cui si occupa oggi l'università sarà riportato dai mass media tra vent'anni. È la stessa ragione per cui saper leggere allunga la vita».
Cattedrale di parole è la commedia Divina di Dante «un artefatto comunicativo così complesso da coniugare la poesia con le regole della metrica e la visionarietà della teologia: un itinerarium mentis in Deum che riesce ad attraversare e a comunicare tutto il miserabile e insieme tutto il sublime che sprigionano dall'umano». Nel mezzo ci sono la Bibbia, il conio della moneta, strumento principe dalla comunicazione, la polis, le meravigliose maschere del teatro greco di Leila Fteita, l'ars oratoria di Cicerone, il pulpito e la piazza medioevali, il Micrologus nel quale Guido d'Arezzo nominò le sette note, i numeri arabo-indiani di Fibonacci, il Giotto che nella Basilica francescana di Assisi gira un pre cinema per raccontare a chi non legge la storia di Cristo. E un Ernst Junger senza tempo per cui «Ulisse percorre l'Occidente fino ai suoi confini; senza di lui esso non potrebbe nemmeno sussistere. Non ci sarebbe stato nessuno sbarco sulla luna».
Una storia che (per ora) si chiude con una crepa, tra il dito di Dio e quello dell'uomo che, nella Sistina di Michelangelo, «si sfiorano, ma
non si toccano», spiega Canova. Pronto allo spoiler. «Il prossimo passo? Michelangelo è il 1508, nel 1517 Martin Lutero affigge sulla chiesa di Wittenberg le sue 95 tesi. Una comunicazione virale che ha cambiato i mondo».
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