Bagnasco, un vescovo senza compromessi

Bagnasco, un vescovo senza compromessi

(...) sottesa alla decisione di Benedetto XVI, che ha voluto annunciare il nome del nuovo arcivescovo di Genova prima ancora che il nuovo Segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, prenda possesso dell’incarico rinunciando alla cattedra ligure, in modo da non lasciare la diocesi senza pastore neanche per un giorno. E la realtà è che Angelo Bagnasco, classe 1943, è sì nato a causa della guerra a Pontevico, in provincia di Brescia, da genitori sfollati da Genova a causa della guerra, ma è di famiglia genovese e soprattutto ha vissuto quasi tutta la vita al servizio della Chiesa genovese.
Lo dice il suo curriculum: ha frequentato il ginnasio e il liceo classico presso il seminario arcivescovile, è stato ordinato prete a Genova nel 1966, per oltre vent’anni ha fatto il viceparroco e poi il vicario nelle parrocchie di san Pietro Apostolo e santa Teresa del Bambin Gesù nel quartiere di Albaro. È sempre stato a Genova e anche la laurea in Lettere, l’ha ottenuta all’università statale del capoluogo ligure. Ha frequentato gli ambienti della Fuci genovese in anni attraversati da non poche tensioni anche in campo ecclesiale e dal 1980 al 1995 ne è diventato assistente diocesano. Dipingerlo come un bieco conservatore è dunque del tutto fuori luogo. Il cardinale Giuseppe Siri, grande arcivescovo e protagonista della storia della Chiesa italiana del secolo scorso, ormai alla vigilia della sua rinuncia, lo ha valorizzato assegnandogli incarichi nella Curia diocesana legati all’educazione e alla catechesi. Infine, per due anni, dal 1995 al 1997, è stato direttore spirituale del seminario.
L’arcivescovo Dionigi Tettamanzi lo ha proposto per l’episcopato e Papa Wojtyla l’ha nominato vescovo di Pesaro nel 1998. Stretto è il suo legame con il presidente della Cei Camillo Ruini: dal 2001 è presidente del cda del quotidiano «Avvenire» e ha collaborato con la conferenza episcopale nelle commissioni per l’educazione e la scuola, e per la cultura e le comunicazioni sociali. Bagnasco ricopriva dal 2003 la carica di Ordinario militare. Nella scelta di Papa Benedetto c’è dunque, innanzitutto, la volontà di riconsegnare la cattedra di Genova a un vescovo cresciuto e formatosi in questa Chiesa, dopo i tre episcopati di Canestri, Tettamanzi e Bertone, e soprattutto dopo i trasferimenti degli ultimi due (il primo a Milano e il secondo quale nuovo principale collaboratore del Pontefice). Bagnasco conosce la città, conosce bene il suo clero. Fino al ’98 ha sempre abitato a Genova, con la mamma rimasta vedova e poi colpita dalla paralisi, che lui ha assistito fino alla morte. È un uomo di preghiera, stimato da tutti gli arcivescovi suoi predecessori, e anche se appare timido e riservato, ha il dono di saper condividere le ansie e i problemi dei suoi sacerdoti e dei fedeli. Preciso e scrupoloso nei suoi compiti, ha sempre considerato come un dovere legato alla missione di vescovo quello di dare il massimo, anche nei particolari: le sue omelie e i suoi interventi sono sempre molto curati. Ha prestato particolare attenzione alle vocazioni e alla vita sacerdotale e per quanto riguarda la dottrina e la disciplina ecclesiastica non si può certo dire che sia un uomo disposto a cedere a compromessi.
Le accuse poco simpatiche che qualcuno gli ha sbattuto in faccia a mezzo stampa, non l’hanno certamente spaventato: esiste a Genova una frangia contestatrice il cui potere mediatico è inversamente proporzionale alla sua consistenza numerica. Meno di quattro gatti, insomma, abituati a presentare in modo negativo qualsiasi decisione delle autorità ecclesiastiche che abbia a che fare con l’ortodossia o le istituzioni della Chiesa. Una frangia che ha vagheggiato fino all’ultimo candidature mai entrate realmente in gioco, che esistevano soltanto su certa carta stampata. Due erano i nomi sui quali il Papa ha riflettuto, dopo aver consultato l’episcopato ligure e i cardinali residenziali italiani.

Ed erano tutti e due genovesi doc: l’eletto Bagnasco, e monsignor Mauro Piacenza, presidente della Pontificia commissione per i beni culturali della Chiesa. La scelta è caduta sul primo dei due anche perché per il secondo, da molti anni in servizio nella Curia romana, Benedetto XVI ha in serbo altri progetti.

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