«Quando hai imparato a sognare non smetti più». Franco Baldini cita una canzone di Fiorella Mannoia per spiegare il ritorno dopo oltre 6 anni e mezzo (l'addio a Trigoria avvenne il 25 marzo del 2005) sulla poltrona di dirigente della Roma. Da consulente di mercato a direttore generale di quella che, per tutti, dovrà essere la rivoluzione americana. «Ma la vera rivoluzione è la normalità, questo è il concetto rivoluzionario», ha sottolineato nel corso di una conferenza stampa fiume il dg giallorosso. Che spiega subito quale sarà il suo ruolo: «Io dovrò sovrintendere e coordinare le varie attività della società e cercare rendere tutte armoniche, che possano portare tutte lo stesso messaggio».
Adesso, alla Roma, Baldini vorrebbe soprattutto portare un nuovo modo di vedere le cose: «Ho ipotizzato che quello che può sembrare utopistico può diventare reale. Ho visto che in Spagna il calcio è migliore che in Italia, poi ho visto che in Inghilterra il calcio è migliore che in Spagna. L'uomo ha bisogno anche dell'utopia. È più importante il cammino che non la meta, per usare una frase di Coelho cara a Luis Enrique». In fondo, anche la sua Roma è una promessa: «La Roma può esprimere un nuovo concetto di calcio, rendere andare allo stadio piacevole. Ma si deve passare per presentare una squadra con un'idea di gioco. È un'idea che punta sui giovani, vogliamo competere, magari con due-tre innesti all'anno. Perché se non sostieni il messaggio con i risultati non passerà mai».
Il rinnovo di Daniele De Rossi è la «priorità», il nuovo stadio «un'esigenza e una strada che bisogna percorrere» per fare il salto di qualità. Un problema da risolvere? «I biglietti gratis». Franco Baldini sembra avere le idee chiare. «Nessuna rivincita - assicura nella prima conferenza stampa fiume a Trigoria - perchè significherebbe aver perso prima qualcosa. A Roma ho avuto un amore sconfinato da parte della gente, perchè rappresentavo certe battaglie con il presidente Sensi, perchè abbiamo vinto lo scudetto. Quando sono andato via, l'ho fatto perché non volevo sostenere una politica che era legittimamente cambiata». E che lo avrebbe costretto, ad esempio, a rivedere il proprio rapporto con Moggi, di fu cui tra i primi grandi accusatori: «Non mi è mai mancato, sono costantemente in tribunale». Qualcosa, in ogni caso, è cambiato: «Nel momento in cui ho pensato che ci fosse la casta l'ho detto, se non l'ho ripetuto ora penso che le cose siano un po' diverse, un ribaltone non osavo immaginarlo, ma lo speravo».
E a chi gli chiede il perchè del ritorno Baldini replica: «Ho cercato una risposta ma non l'ho ancora trovata, ho detto sì e basta. Quando ho parlato con DiBenedetto gli ho detto che non c'è una ragione per cui debba lasciare la qualità della vita di Londra, e un lavoro che mi lascia tanto tempo libero, per tornare in un posto dove c'è il tutti contro tutti. E gli ho detto di sì...».
Il suo atteso ritorno è stato preceduto dal caso "diplomatico" con il capitano Francesco Totti, di cui aveva messo in risalto la «pigrizia». Un caso che il nuovo dg ha archiviato subito, come testimoniano le foto che ritraggono i due insieme e sorridenti. «Complimenti ai tecnici della Roma che hanno fatto un grande miracolo con "photoshop"», scherza Baldini. Poi più serio: «Con Francesco sono bastati cinque minuti per chiarirci. Il nostro è un rapporto semplice, non può essere altrimenti con lui. In realtà non c'era un granchè da spiegare. La prima cosa che gli ho detto è stata: "Ma lo hai letto bene l'articolo o te lo sei fatto leggere?". Io in quelle poche parole ci vedo più amore che una critica. Se dico a un giocatore di 35 anni che può giocare altri 4-5 anni corro addirittura il rischio di essere querelato per diffamazione. Io sono da sempre attratto dal talento di Francesco e ho solo precisato che può farlo (giocare ancora a lungo, ndr) se smette di lasciarsi usare: in questo senso lui è stato pigro».
Baldini infine precisa: «Il giorno dopo che è apparsa l'intervista, con le relative interpretazioni, avrei potuto chiarire. Ma mi è quasi piaciuto che, per una volta, se ne potesse parlare. Mi sono preso mesi di insulti, finchè non ho chiarito con lui. Totti è il più grande calciatore degli ultimi trent'anni, ma non è che se dice che un albero è verde mentre invece è secco è giallo, allora l'albero è verde. Se gli chiedo di discutere sul suo ruolo se ne può parlare. Le verità, che non sono mai assolute, vengono fuori dal confronto». Per il numero 10 ha in mente un futuro diverso: «Cercherò di chiedergli quello che viene chiesto ad altri giocatori. Voglio metterlo in condizione di essere normale e sono sicuro che lui per primo aspiri ad essere liberato da una sovrastruttura, lo renderò leggero».
Archiviato il caso Totti, resta da risolvere il nodo legato al futuro di De Rossi, il cui contratto con la Roma scadrà a gennaio. «Il rinnovo di Daniele De Rossi è una priorità, una materia molto importante - dice Baldini -. Ho parlato con lui dieci minuti, anche se l'interlocutore per il contratto è il suo procuratore. L'ho trovato molto sereno e maturo, gli ho detto che se ha solo la metà della voglia che ha la società di tenerlo, non importa quanto ci metteremo ma il contratto lo faremo. Lui sembrava piuttosto orientato a trovare un accordo per restare».
Un altro tormentone romano è legato alla parola scudetto. Baldini non fa previsioni: «L'intenzione della società è di vincere nel più breve tempo possibile, ma non posso e non voglio darmi una scadenza. Molto dipenderà da come usciamo da quest'anno in cui si può formare il nocciolo, la filosofia di questo modo di giocare. Poi si può essere più precisi l'anno prossimo. Di sicuro questo è un progetto a medio-lungo termine. La Roma ha aspettato vent'anni fra due scudetti, attenderne altri due o tre non sarà un problema. I due obiettivi falliti (eliminazione dall'Europa e sconfitta nel derby, ndr) sono una responsabilità che abbiamo. Però ho trovato un ambiente in cui viene concesso del credito e questo è un patrimonio che non dovremo disperdere».
Luis Enrique è ben visto dal pubblico, nonostante la partenza non esaltante della Roma: «A me è piaciuto da subito, l'ho adorato come persona prima ancora che da allenatore. I fatti mi hanno dato ragione, perchè ha un grande ascendente sui giocatori e loro non li conquisti se non hai credibilità. In realtà avevo contattato anche Guardiola, gli ho detto: "Se ti va di fare un salto a Roma...". Lui mi ha risposto di aspettare qualche anno». Nessun dubbio sulla serietà del progetto americano: «Quando ho incontrato Pallotta a Londra gli ho subito chiesto se volevano speculare con la Roma e lui mi ha risposto che lui i soldi li fa con i fondi d'investimento e che, per le sue origini, vorrebbe legare il suo nome a qualcosa di bello nel calcio italiano. Per loro è sorprendente che in Italia non ci siano stadi di proprietà. Lo stadio è un'esigenza, è la strada che bisogna percorrere. Sono sicuro che ce la faremo, anche se non so quanto ci vorrà. Sabatini dice che si potrebbe vincere fra due anni? Potrebbe essere un termine troppo ottimista o troppo pessimista, molto dipenderà da quest'anno. C'è determinazione a raggiungere l'obiettivo, ma la Roma è abituata ad aspettare anche 18-20 anni...».
La mancanza di stadi di proprietà non è l'unico aspetto dell'Italia che gli americani fanno fatica a comprendere. «Un primo grande problema sono i biglietti. È difficile spiegare alla proprietà americana la chimera del biglietto omaggio che da loro non esiste. In America i posti migliori sono venduti a prezzi più cari, lo status symbol non è essere in tribuna ma comprarsi il biglietto per stare nel posto migliore, qui è il contrario. Io non avrò un solo biglietto omaggio e scordatevi di chiedermelo - sottolinea Baldini -. Se sei qualcuno comprati il biglietto, così i ricavi saranno più consistenti. Mi farò tanti nuovi amici...».
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