Cronaca locale

La ballata triste del libraio

Ogni volta che una libreria chiude a Milano – è capitato a Porta Romana – ci si interroga sulle cause. Fino a qualche anno fa le librerie sono state un patrimonio vitale per la cultura cittadina, un sorta di salotto dove scrittori e giornalisti e lettori appassionati si incontravano per parlare di letteratura, di poesia e di saggistica con librai preparati, valga per tutti il nome di Battaglini in piazza San Babila. Le risposte a quanto capita sono tuttavia prevedibili. La cultura non gode di buona salute e i libri, pubblicati in numero esorbitante, si acquistano spesso nei punti vendita della grande distribuzione. Ritornare al passato è impossibile. Esistono inoltre problemi «tecnici» che mettono in ulteriore pericolo le poche librerie private rimaste in città. «Con sincerità professionale bisogna dire che alcuni di noi chiudono per le difficoltà legate al mestiere. Altri cessano l’attività per una scelta dei proprietari intenzionati ad investire in altri settori». L’analisi di Claudio Oxoli - proprietario della Lirus di via Vitruvio(ex Rusconi), negozio nato trentacinque anni fa - e del collaboratore Salvatore Lombardo è chiara. «Il caos degli sconti praticati è il nostro problema più serio. Non chiediamo finanziamenti, che farebbero comodo per l’aumento degli affitti. Lo Stato deve rendersi conto che alle librerie private serve una legge sul libro per mettere dei punti fermi sul tetto massimo da praticare sugli sconti se pensiamo a quelli proposti nelle grandi aree commerciali, negli ipermercati. Per la verità, è una legge di cui in passato si è già parlato, ma per un motivo o per l’altro non si è fatto ancora nulla». In altre parole? «Non possiamo permetterci di vendere un best-seller – per noi fonte primaria e indispensabile di reddito – applicando una riduzione del 15% sul prezzo di copertina, per non parlare di chi pratica addirittura il trenta per cento…. Se lo facessimo non potremmo salvaguardare i nostri utili».
Le mega-librerie legate a gruppi editoriali, dove oltre ai libri si trovano computer e telefonini, bar e ristoranti, sono responsabili di questa concorrenza sleale?
«Si tratta di promozioni proposte dall’editore e alle quali potrebbero contribuire anche le librerie private. Possono andar bene, a patto che non si tratti di offerte che durino tutto l’anno, perché in questo caso il rischio è che si possa verificare una sorta di monopolizzazione della vendita del libro, che sommerge, soffoca l’attività del librario nel senso nobile del termine». Una figura che oltretutto non si trova in punti vendita tanto estesi dove esistono solo commessi. Avete risento della crisi finanziaria? «In una situazione come quella che stiamo attraversando, è indubitabile che anche la vendita del libro ne risenta, tuttavia il lettore amante della cultura non manca, fa sempre uno sforzo per acquistare. Anzi da questo punto di vista il libro ha risentito meno del calo delle vendite. Fortunatamente c’è ancora che ama leggere, magari rinunciando ad altro. Il problema essenziale, ripetiamo, è legislativo: fissare un tetto allo sconto, impedire l’attuale regime di anarchia, di caos selvaggio, colpevole di togliere alle librerie private l’ossigeno per sopravvivere».
Spostiamoci ora in piazza Cadorna, angolo via Carducci, in un'altra storica libreria Il Domani, fondata nel 1974. Ci accoglie la titolare, Luigia Caimi – un grande amore per i libri, (leggeva i volumi di Conrad a nove anni acquistati con i soldi ricevuti dalla madre per la merenda). Anche lei non nasconde le difficoltà di coloro che ancora credono nel mestiere di vendere libri restando indipendenti: «Sappiamo tutti benissimo che il nostro problema più serio è l’anarchia degli sconti. Credo che il nocciolo duro della questione, più che quello statale, sia l’atteggiamento degli editori che tendono a tenere alto il numero delle vendite attraverso i grandi punti vendita. Così, anche ad un librario che per quarant’anni ha sempre pagato, riducono i margini di guadagno. Dobbiamo persino pagare il ritiro e la consegna dei libri e poi non tutti i rappresentati sono capaci di presentare come si dovrebbe le novità. Facciamo fatica a sopravvivere, con un impegno di capitale continuativo. Una volta si lavorava con quindicimila titoli in un anno, ora ne abbiamo sessantamila…».
Eppure, signora, mentre stiamo discorrendo vedo numerosi clienti… «Sì, ma molti dei libri pubblicati sono di bassa qualità, è triste dirlo ma sono quelli che fanno cassetta. Sa perché? Nessuno legge più. Il vero lettore è un conto, esistono ancora, ma la maggioranza è quella che legge i libro del momento, spesso sciocchezze. E poi dove mettiamo le spese di affitto? Per fortuna io non ha questo problema, ma in Galleria a Milano Bocca da 26mila euro è passato a 70mila». Forse Internet vi disturba? «Direi di no – risponde il collaboratore Ivano –: è un fenomeno non diffuso come all’estero, dove tra l’altro non esiste la deregolamentazione degli sconti, e può essere utile a noi ed ai clienti che trovano le segnalazione di pubblicazioni per comprarle da noi. Devo dire che si vedono anche dei giovani, ma se l’interesse per i libri lo ricevano dai genitori».
«Il libro, sia esso romanzo o saggio e poesia, deve coinvolgere al massimo l’intelligenza. Al pari di un quadro o monumento, quel testo ti arricchisce non solo nell’immediato, ma ti muta nell’essenza». Le parole di Luigi Einaudi appaiono bene in vista in una libreria con caratteristiche diverse: la San Paolo di piazza del Duomo, appartenente ad un gruppo editoriale cattolico ma che offre anche testi non religiosi, oltre ad una vasta proposta di film in dvd. Qui abbiamo raccolto una voce più fiduciosa sull’elemento culturale, alla luce della quale forse occorrerebbe rivedere alcuni giudizi.
«Siamo anche noi coinvolti nel gioco degli sconti sui quali siamo molto stretti – dice il direttore Celeste Baldo, alle spalle una lunga esperienza alla Rizzoli in Galleria –: sostengo da anni che sui libri non bisognerebbe fare sconti perché alla fine, il cliente non se ne rende conto, si ritorcono sul prezzo. Avete una clientela settoriale, probabilmente… «La nostra libreria è indirizzata alla problematica famigliare in ogni aspetto: la preparazione dei figli, il supporto alla vita parrocchiale; ma arrivano anche laici. Si sta verificando un rinnovato interesse verso i libri a contenuto religioso e i dati ce lo confermano. C’è una ricerca di una spiritualità più marcata, e questo è un dato comune alle librerie laiche grandi o piccole. Il libro del Cardinale Tettamanzi, Non c’è futuro senza solidarietà, si vende bene, così come il dialogo fra il Cardinale Martini e Don Verzè, Siamo tutti sulla stessa barca, che affronta temi attuali come il celibato dei sacerdoti, o quello del giornalista sportivo Carlo Nesti: Il mio psicologo si chiama Gesù.

C’è da aggiungere che fortunatamente vi sono sussidi per le comunità spirituali per cui la gente, fra i quali giovani, frequenta maggiormente la libreria».

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