Le banche globali alle prese con l'immigrazione

Il fenomeno peserà sulle nostre tasche. E su quelle dei banchieri, che iniziano a farsi due calcoli

Le banche globali alle prese con l'immigrazione

Anche i banchieri stano iniziando a farsi due calcoli su quanto peserà nelle loro e nelle nostre tasche il fenomeno migratorio di questi anni. Solo un paio di giorni fa gli analisti di Citi, una delle banche più importanti del mondo, hanno sfornato un rapporto di 18 pagine proprio sui flussi migratori a cui stiamo assistendo. Si tratta, dicono, di un movimento che vale 60 milioni di persone; il più ingente mai verificatosi dalla seconda guerra mondiale. Ma c'è una ragione per la quale il mondo, nella sua cinica brutalità economica, non è ancora scoppiato un patatrac finanziario: i rischi geopolitici che stiamo vivendo, scrivono, in particolare la crisi in Medio Oriente, è ai massimi degli ultimi 25 anni, ma sono mascherati dal prezzo molto basso del petrolio e dalla attività delle banche centrale. Sono come degli antidolorifici. Se il petrolio fosse a 100 dollari al barile come pochi anni fa e i tassi di interesse invece di essere a zero fossero solo di qualche punto percentuale superiore, oggi sì che sentiremmo il peso della migrazione e della sua pressione ai confini. È anche vero però che il declino dei prezzi delle materie prime e la conseguente riduzione della crescita dei Paesi in via di Sviluppo rischia di generare tensione su tensione. Insomma come dobbiamo vederla? Sono 4, secondo i banchieri, le principali criticità. La prima è la vox populi risk e cioè che al di là dell'ufficiale benvenuto ai migranti che i paesi sbandierano, la gente non ne può più. Il timore, per Citi, è l'aumento del consenso per partiti anti immigrati e a questi fini pubblica una tabella in cui mostra i movimenti politici che sarebbero di questa pasta (per l'Italia c'è la sola Lega, forse non hanno sentito le posizioni del Movimento Cinque Stelle, che pure ha un bel po' di rappresentanti). Lo stesso candidato alle Presidenziali americane Donald Trump sarebbe figlio di questa cultura anti immigrazione. Il secondo rischio riguarda l'acuirsi della crisi medio-orientale e la possibilità che alcuni Paesi europei inizino una vera e propria guerra, rendendo ancora più grosso il flusso migratorio. Terzo rischio è il cosiddetto «Brexit», e cioè la possibilità che la Gran Bretagna esca dall'Unione europea, sull'onda anche emotiva di un continente troppo accogliente, rispetto ai gusti isolani. Infine le implicazioni economiche. Nel breve tempo, dicono gli analisti di Citi, ci saranno tensioni sulla finanze pubbliche. Essi però si aspettano che le restrizioni dell'austerity vengano allentate per spese connesse a questo genere di interventi pubblici. Il saldo però di crescita del Pil sarà modesto. La morale è semplice. I banchieri sanno che il flusso migratorio a cui stiamo assistendo avrà conseguenze politiche e sociali da non sottovalutare. E che alle prossime elezioni il tema dell'immigrazione e della convivenza sarà quello fondamentale per aggiudicarsi un seggio.

Ps abbiamo parlato fino ad ora di cose serie. A questo punto permettetici di scherzare un po'. Chiunque abbia internet e apra un sito collegandosi da computer, telefonino o citofono è martellato da un annuncio allarmante: attenzione questa pagina che stata aprendo ottiene da voi alcune informazioni personali (i cosiddetti cookies). A quel punto si può cliccare chiudi e la finestrella scompare. Oppure qualche psicolabile può cliccare il pulsante «approfondisco» e inizia il percorso del suicidio. Ma ritorniamo ai nostri coookies. Questa roba è stata imposta a tutti i siti dall'Authority della privacy. Immaginate bene il perché. Ma c'è modus in rebus. Basta, ora lasciateci in pace, abbiamo capito, o meglio intuito. Siete come in quel film di Verdone in cui lui tormenta moglie e figli Anton Giulio e Anton Luca: non ce la facciamo più. Siete peggio, detto con rispetto, di Radio Maria, l'unica stazione radio che prende sempre e ovunque.

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