Arriva il contrattacco del Gruppo Caltagirone, dopo l'affondo della Procura di Milano con l'inchiesta sulla scalata di Mps a Mediobanca. Il cda, sotto la presidenza di Francesco Gaetano Caltagirone, in una nota diffusa ieri sera ha ribattutto punto su punto a quanto contenuto nel decreto di perquisizione e sequestro notificato dai pm lo scorso 27 novembre. La Procura sta indagando su un presunto concerto fra Caltagirone e Delfin, la holding della famiglia Del Vecchio, che avrebbero compiuto acquisti coordinati di azioni su Piazzetta Cuccia. Circostanza, però, respinta da Caltagirone che - sulla base di documentazione pubblicamente disponibile - afferma di poter dimostrare che gli acquisti di azioni in realtà si sono differenziati negli anni «per entità e tempistiche». Delfin, si legge nella nota ufficiale, «ha acquisito partecipazioni in Mediobanca che l'hanno portata a superare prima il 3% del capitale nel 2019 e poi il 10% nel 2020, fermo restando che l'ulteriore crescita nel capitale è potuta poi avvenire» dopo l'autorizzazione della Banca centrale europea. Mentre il Gruppo Caltagirone «ha acquistato circa il 3% del capitale nel 2021 e, poi, ha acquistato un ulteriore 6,5% circa nel 2022» con il superamento della soglia del 5% del capitale di Mediobanca in data 27 aprile. Per quanto riguarda gli acquisti su Generali, invece, «sono stati progressivamente effettuati nell'arco di circa 15 anni».
La società fa notare, poi, di aver espresso - nelle assemblea di Mediobanca - il più delle volte un voto divergente rispetto a Delfin: fra il 2021 e il 2024 su 35 delibere 20 sono arrivate praticamente all'unanimità, «mentre rispetto alle residue 15, in 13 casi Delfin e Gruppo Caltagirone hanno espresso voto divergente e soltanto due con il medesimo voto». Respinto al mittente anche l'accusa di aver omesso l'obbligo di un'Offerta pubblica d'acquisto connesso «all'asserito voto coordinato» tra i due soci durante l'assemblea del 2022 che li avrebbe così condotti a superare la soglia di legge del 25% del capitale. Caltagirone, però, fa notare di non aver partecipato all'assemblea del 28 ottobre 2022 mentre l'assemblea del 28 ottobre 2023 «si è celebrata oltre 16 mesi dopo il preteso superamento della soglia del 25%» avvenuto il 27 aprile 2022, «laddove per legge detto superamento rileva ai fini dell'obbligo di Opa solo se verificatosi entro l'anno solare». Precisando che il voto di Caltagirone per la lista minoritaria di Delfin era inidoneo a prendere il controllo del gruppo, «all'epoca l'Opa sarebbe stata lanciata al valore di 11 euro circa per azione rispetto ai 22 euro circa effettivamente percepiti dagli azionisti».
Replica secca da parte della holding Caltagirone anche per quanto riguarda la presunta «identità» delle offerte con Delfin durante la cessione di quote Mps, precisando che queste sono state diverse per volumi e prezzo: durante la procedura Caltagirone aveva chiesto il 3,5% mentre Delfin il 2,5%, con il primo a offrire un premio del 5% e il secondo a presentare un importo a valori di mercato, salvo i successivi rilanci «presumibilmente operati da Delfin tenendo conto della fisiologica dinamica dell'asta condotta dall'intermediario incaricato». Non trova riscontro, esplicita Caltagirone, la circostanza che il voto di due suoi consiglieri sarebbe stato decisivo per il lancio dell'Ops di Mps su Mediobanca: questi, infatti, non hanno preso parte al voto.
Infine, «al fine di evitare ogni possibile strumentalizzazione dannosa per la società», la holding ha deciso di spersonalizzare il voto nelle assemblee di Mps e Generali deliberando che il voto sia preventivamente sottoposto «al parere del Comitato Amministratori Indipendenti con le procedure previste per le operazioni con parti correlati di maggiore rilevanza».