Dicono tutti che assomigli a Roosevelt. Per la crisi, per linterventismo, per lappartenenza al partito democratico. Però Obama si ispira a Lincoln. Lha detto ogni volta che glielhanno chiesto e lha fatto ogni volta che cè stata loccasione: il percorso del presidente americano è un costante inseguimento del cammino di Abramo. A cominciare da quel giorno: 10 febbraio 2007.
Obama annunciò allAmerica e al mondo che si candidava alla presidenza degli Stati Uniti. Lo fece a Springfield, in Illinois, a due passi da casa sua a Chicago e, soprattutto, a casa di Lincoln.
Il palco posizionato esattamente di fronte alla radura dove nel 1858 fu pronunciato il discorso sulla «casa divisa»: Abramo allepoca annunciò lidea di mettere fine alla schiavitù in America. Obama, da primo potenziale afroamericano in odore di Casa Bianca, fece una scelta precisa e simbolica. La stessa ripetuta nellultimo giorno di campagna elettorale. Perché lultimo comizio prima del voto del 4 novembre scorso, Obama lha fatto a Manassas, in Virginia, dove 147 anni fa i nordisti di Lincoln furono sconfitti dai confederati, durante la Guerra di secessione.
Era il 1861: da Richmond, capitale della Virginia e quartiere generale dellesercito sudista, il generale Robert Lee spedì le truppe verso Washington per fermare lavanzata delle truppe dellUnione, dei «nordisti». Quelle sono ricordate ancora come la «prima e la seconda battaglia di Manassas». E per i neri dAmerica sono le più brucianti e sanguinose sconfitte della storia dei loro diritti. I libri di storia dicono che «se i sudisti dopo quelle battaglie avessero vinto la guerra, i neri non avrebbero mai avuto la libertà».
Forse non è del tutto vero, ma di sicuro la scelta di Obama non è stata casuale. Il suo ultimo comizio doveva essere la rappresentazione simbolica di una lunga e a suo modo coerente pagina di storia americana, quella che va dalla Guerra Civile ad Abramo Lincoln, e da Abramo Lincoln a se stesso.
Non ha finito così, Obama. I richiami a «Honest Abe» sono continuati, fino al 20 gennaio, fino allinsediamento. Barack poteva giurare su due bibbie: quella dei Massoni, scelta da molti presidenti, oppure su quella di Lincoln. Prese la seconda.
Poi larrivo in treno a Washington da Filadelfia: stesso tragitto, stesse carrozze, stesso spirito un secolo e mezzo dopo. Poi il titolo delle celebrazioni dellinsediamento: «Una nuova nascita della libertà». È la citazione della frase più famosa pronunciata da Lincoln nel discorso di Gettysburg, dove per gli storici filo-lincolniani lAmerica è diventata moderna. Gli ultimi tre giorni prima del 20 gennaio, Obama li ha passati a leggere due cose: il libro Team of Rivals, nel quale la storica Doris Kearns Goodwin racconta come Lincoln guidò un governo di rivali, e poi il testo integrale del discorso del giuramento dellinsediamento del 1861.
Lincoln ovunque. Lincoln sempre. Per esempio nella Casa Bianca: gli Obama hanno chiesto in prestito alla Historical Society di New York il quadro View of the Yosemite Valley di Thomas Hill, considerato il dipinto più lincolniano.
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