Barbara, banda dei rapitori braccata dalla polizia

Sollievo in casa Vergani. Il padre: "Ha passato momenti difficili, ha bisogno di riposare". La giovane: "Sono stata legata al letto. Erano in due, italiani, e armati". Gli investigatori stanno cercando i sequestratori: individuata la zona del covo e una lista di nomi

Barbara, banda dei rapitori 
braccata dalla polizia

Novara - Ventisei ore legata nelle mani dei rapitori. Oggi, però, è tutto passatto. E' libera da ieri sera Barbara, la figlia di un imprenditore piemontese, sequestrata sabato sera in provincia di Novara. Conferme ufficiali dai carabinieri di Borgomanero, la cittadina sul lago Maggiore dove la giovane era stata rapita, mentre il magistrato che ha lavorato sul caso ha precisato che non è stato pagato alcun riscatto. La notizia del rilascio è stata confermata anche dai carabinieri di Novara, responsabili del coordinamento delle operazioni per ritrovare la giovane, che è stata liberata in poco più di 24 ore dal sequestro.

Le indagini Gli occhi e le orecchie degli investigatori sono su un manipolo di persone, più di quattro, tra cui almeno una donna, ma manca ancora qualche tessera al mosaico dell'indagine per mettere la parola fine all'inchiesta sul rapimento e sul rilascio di Barbara Vergani. La scorsa notte non è finito in carcere nessuno proprio per questo motivo. La sensazione è che la stessa situazione potrebbe ripetersi anche oggi a meno che qualcuno dei protagonisti non compia qualche passo falso. Analoga situazione per il nascondiglio dove è stata tenuta la ragazza. L'area è stata individuata, a una quindicina di minuti di distanza da Borgomanero, in provincia di Novara, la descrizione fornita da Barbara Vergani è stata abbastanza precisa. È un gioco di nervi tra investigatori e rapitori: perde chi sbaglia prima. "A noi interessava la liberazione della ragazza, era la cosa primaria" si limita a dire un investigatore. "Il resto - ha precisato - viene dopo. Stiamo lavorando, ma non c'è fretta. La nostra pressione è forte, siamo ottimisti". Carabinieri e polizia operano tra Torino, Borgomanero e Novara. Il tutto è coordinato dal procuratore aggiunto Maurizio Laudi, il primo a sentire il racconto della ragazza dalla sua viva voce, insieme ai suoi più stretti collaboratori, Anna Maria Loreto e Onelio Dodero. Nessuno intende fare commenti ufficiali, ma secondo indiscrezioni la banda, che non sembra composta da professionisti, aveva preparato il sequestro da circa un mese. L'obiettivo era uno dei componenti della famiglia Vergani ed in particolare uno dei figli: maschio o femmina era un particolare secondario. Lo si intuisce dal messaggio fatto recapitare dai sequestratori al padre Carlo: c'è un testo base, su cui i sequestratori hanno corretto all'ultimo momento alcune parole trasformandole dal maschile al femminile. "Tua figlia - recita il messaggio - è prigioniera in un container sepolto sotto terra, ha cibo e acqua solo per qualche giorno. Se non pagate, l'avrete sulla coscienza". Quattro milioni di euro il riscatto chiesto e mai pagato dalla famiglia che sicuramente era ben conosciuta dai rapitori della ragazza anche se, ma è un particolare su cui non ci sono conferme, forse più dai mandanti che dagli esecutori. Le indagini si sono concentrate fin da subito intorno all'attività lavorativa di Carlo Vergani, impresario edile, e alla zona in cui la sua famiglia abita. Intuizione giusta visto che la pressione di polizia e carabinieri ha permesso il rilascio anticipato della ragazza.

Sollievo "Ho avuto paura, soprattutto all'inizio perchè non sapevo che cosa mi sarebbe accaduto. Mi hanno detto di stare tranquilla e che erano interessati solo ai soldi di mio padre. Erano incappucciati e mi hanno subito bendata, per cui non li ho mai visti. Avevo una benda sugli occhi e un passamontagna e gambe e braccia legate": sono le prime parole di Barbara Vergani. "Ho fatto in tempo a salire in auto - racconta ricostruendo il momento dell'agguato - e a mettere le chiavi nel cruscotto, non avevo ancora messo in moto, ero parcheggiata per cui non avevo vie di fuga. Mi sono chiusa dentro quando ho visto un uomo venirmi incontro, ma lui ha rotto il vetro mentre l'altra persona era alla guida. Non ho mai avuto la percezione di conoscerli. Mi hanno portato in macchina, non mi hanno dato spiegazioni e abbiamo fatto un breve tragitto. Ho visto che avevano delle armi - ha ancora detto - ma le hanno usate solo per farmi entrare in macchina. Era una stanza con un lettino, sembrava una stanza preparata apposta. Non era comodo il letto, avevo mal di schiena". "Sembrava - ha aggiunto la giovane - che non sapessero nemmeno come mi chiamavo. Solo dopo il Tg1 mi hanno chiesto se io mi chiamavo Barbara. L'uomo aveva l'accento italiano, la donna straniero, ma mi sembrava che lo facesse apposta. Mi hanno legato a un materasso, però erano molto premurosi, non mi hanno fatto mancare acqua e cibo. Ho parlato con loro poco, avevo paura di fare domande, ho solo chiesto spiegazioni all'inizio, ma loro non mi hanno mai risposto. Hanno ripetuto che volevano i soldi di papà. Adesso spero di non avere conseguenze, ma credo di no perché sono serena, anche se la paura è stata forte. Sto bene e la preoccupazione principale è che non potessi più riabbracciare la mia famiglia. Ero preoccupata più per loro che per me perché io sapevo che stavo bene mentre loro potevano immaginare di tutto". "Alla fine, quando hanno deciso di liberarmi l'uomo mi ha portato in un bosco, vicino ad un albero e mi ha detto di aspettare cinque minuti poi di andarmene".

Il padre Barbara Vergani era stata catturata sabato sera intorno alle 22 a Borgomanero, un grosso centro del novarese, mentre sulla sua auto si recava a un appuntamento con amici. "Siamo contenti che l'incubo è terminato", ha detto ieri sera subito dopo il rilascio il padre di Barbara, Carlo Vergani, ripreso dalle telecamere di Sky Tg24. "Ha avuto momenti di grande paura, ma è stata tratta bene. Anche se è stata legata", ha aggiunto raccontando come si è sentita la figlia nella mani dei rapitori. "È finita bene dopo 26 ore di incubo grazie alla professionalità delle forze dell'ordine - dice Carlo Vergani - L'hanno trattata bene, non l'hanno picchiata. Certo che non è piacevole passare un giorno intero legati e bendati. Ha fatto un breve tratto di strada dal luogo dell'agguato al posto dove l'hanno portata chiusa nel baule dell'auto. Le è sembrato che fossero due persone, ma lei è sempre stata coperta, per cui non ha potuto vederli - aggiunge il papà -. C'era una donna che probabilmente fingeva di essere straniera perchè secondo mia figlia dalla voce erano tutte e due italiani. Le dicevano di stare tranquilla non l'hanno mai minacciata. Mi ha telefonato dal portatile delle persone che l'hanno soccorsa, sono state persone squisite quelle che le hanno dato un passaggio. Quando Barbara mi ha chiamato era spaventata e non sapeva se avere fiducia di queste persone, che per fortuna sono state gentilissime". Carlo Vergani ha ribadito che ha sempre avuto "una certa tranquillità d'animo. Sapevo che si sarebbe risolto tutto, lo percepivo dall'ottimismo dei carabinieri. Non ho sospetti.

In queste 26 ore nel mio cervello è passato di tutto e ovviamente ogni pensiero veniva subito riportato agli agenti della polizia e dei carabinieri. Chi ha pensato che potessi dargli quattro milioni di euro si è bevuto il cervello. Non dispongo di quella somma".

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