«Bartali», la fiction sul campione che ha dato lo sprint agli italiani

Pierfrancesco Favino è il ciclista il 26 e 27 su Raiuno. Il regista Negrin: «Non raccontiamo solo lo sport»

Pier Francesco Borgia

da Roma

«Una telefonata ti salva la vita». Più o meno così recitava Massimo Lopez protagonista - ora è un paio di lustri - di uno spot pubblicitario. E una celeberrima telefonata è anche al centro dello sceneggiato Bartali L’intramontabile che Raiuno trasmetterà domenica 26 e lunedì 27 marzo. Una telefonata storica. Una telefonata che doveva salvare addirittura la pace sociale. Il regista Alberto Negrin, e il pool di sceneggiatori (Giancarlo e Massimiliano Governi, Andrea Porporati) hanno infatti dato particolare enfasi a quella chiamata ricevuta da Bartali poco prima di trionfare sull’Izoard, in quel mitico Tour del ’48 che, da un lato, segna uno dei momenti epici della storia del ciclismo, dall’altro si iscrive come una delle pagine indimenticabili della nostra storia recente, visto che quella vittoria fu tra i fattori determinanti per riportare l’ordine dopo l’attentato subito da Palmiro Togliatti. All’altro capo del filo c’era, infatti, De Gasperi che chiedeva di vincere. Per l’Italia. E non certo per una questione di prestigio. C’era la pelle della democrazia da salvare.
Così come non è il prestigio o l’ambizione che muove un campione vero come Bartali restituito all’immaginario collettivo dall’interpretazione di un Pierfrancesco Favino al limite della pignoleria da Actor’s studio. Mesi di preparazione pedalando sulle insidiose strade dei Castelli Romani. «E non su una di quelle leggerissime biciclette di oggi» racconta l’attore, che ha ancora nelle orecchie gli applausi di pubblico e critica per il Romanzo criminale di Placido. «Ci siamo allenati sulle biciclette di allora - aggiunge Luigi Bielli, allenatore della nazionale italiana, che ha aiutato l’attore nella preparazione -. L’unica differenza è la marca. Bartali pedalava su una Legnano. Adatta alla taglia di Pierfrancesco non l’abbiamo trovata e così ha usato una Bianchi».
Per il resto lo sceneggiato ricostruisce fedelmente l’atmosfera di un’epoca gloriosa, ricca di avvenimenti sportivi e sociali. Ma soprattutto foriera di grandi cambiamenti.
«Non abbiamo usato controfigure - precisa Alberto Negrin -. Anche la sceneggiatura è stata confezionata partendo soltanto da notizie ricavate da fonti dirette. Non c’era bisogno di alterare qualcosa per rendere più emozionante la storia di un campione come Bartali. Certo, se avessimo puntato sul fattore sportivo, questo sceneggiato sarebbe risultato ben più noioso».
Lavoro, fede e famiglia. Sono queste le stelle polari della vita di Bartali che la fiction esalta fino a farne i punti focali della storia. Dalle prime corse con il fratello Giulio (interpretato da Edoardo Gabriellini), alla lealtà nei confronti del suo rivale Coppi (Simone Gandolfo). Dal generoso aiuto offerto al cardinal Dalla Costa per salvare decine di bambini ebrei dallo spettro della deportazione, fino al trionfo sull’Izoard nel ’48. Non per sé, si badi bene, ma per l’Italia e per l’amico De Gasperi. E la famiglia, quella vera, entusiasma e commossa ringrazia per il tributo reso con lo sceneggiato a questo eroe dei nostri tempi.
«Come nel caso di Salvo D’Acquisto, di Perlasca e degli eroi di Cefalonia - ricorda Agostino Saccà, responsabile di Rai Fiction - anche Bartali è divenuto un “eroe-paese”. Uno di quei personaggi nei quali un intero popolo non ha difficoltà a riconoscersi. Oltretutto si tratta di una figura attualissima.

Chiunque oggi si può identificare con quest’uomo che fuori dalle corse ha saputo vivere una moralità schietta senza mai cadere nelle ipocrisie dei bigotti».
Completano il cast Carlo Giuffrè (nei panni del cardinal Dalla Costa), Rodolfo Corsato (Binda), Nicole Grimaudo (Adriana, la moglie di Bartali) e Francesco Salvi (Pavesi, il manager della Legnano).

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