Basilea 3, le banche non cerchino scuse

Non è vero che parametri più severi obbligheranno a tagliare i finanziamenti alle imprese. Il rafforzamento patrimoniale è indispensabile, anche per gli istituti «virtuosi» come quelli italiani, che pure non hanno avuto bisogno di aiuti esterni

Basilea è l’unica città svizzera che, per errore, venne bombardata durante la seconda guerra mondiale. Adesso le bombe fortunatamente non si usano, ma le tensioni sulla città dove da oggi si stanno riscrivendo le regole della finanza sono fortissime. L’allarme preventivo (con una tempistica che ricorda molto il lancio dell’ultima stampella, stile Enrico Toti) è stato dato l’altro ieri dal numero uno di Unicredit, Alessandro Profumo, che ha paventato gravi conseguenze per il credito se i nuovi parametri saranno troppo severi.
Cominciamo con lo spiegare in parole semplici di che cosa si tratta. Una banca raccoglie denaro e lo presta, ponendosi come controparte di chi deposita o riceve il contante. Se non ci fossero limiti da seguire, la quantità di denaro intermediato potrebbe essere infinita, con il risultato che se, magari a causa di una crisi, in troppi non fossero in grado di restituire i soldi ricevuti in prestito, la banca non riuscirebbe a sua volta ad onorare i suoi impegni verso chi gli ha affidato i suoi valori, innescando un disastro o costringendo lo Stato (e quindi i contribuenti) a tappare il buco per evitare guai peggiori. Il problema è grosso perchè evidentemente la fiducia dei risparmiatori nella sicurezza dei denari affidati ad un istituto di credito (sia sotto forma di depositi che di obbligazioni acquistate) deve essere totale, altrimenti si bloccherebbe la circolazione del denaro. Per questo motivo viene imposto alla banca di detenere una quota di capitale come «cuscinetto» che possa far fronte alle insolvenze senza bisogno di alzare bandiera bianca e chiedere aiuto all’esterno. Basilea 3 imporrà alle banche di rimpolpare questa «cassaforte di emergenza» aumentando di alcuni punti percentuali rispetto al denaro prestato la cifra «consumabile» per gestire gli scompensi. Un altro punto chiave sarà evitare alcuni trucchetti che in passato hanno consentito alle banche di rispettare gli impegni nella forma ma non nella sostanza: venivano infatti contate come capitale le cosiddette «obbligazioni subordinate» che in realtà erano troppo simili alle obbligazioni normali e quindi del tutto inadatte ad assorbire eventuali perdite. Nelle nuove regole è praticamente certo che l’anomalia verrà sanata imponendo la loro sostituzione con nuovi titoli che prevedano la possibilità per i detentori di perdere parte del capitale in caso di problemi.
Il problema sta tutto qui, i risparmiatori non sono fessi e, per convincerli a sottoscrivere questo nuovo capitale, più esposto a rischi, le banche dovranno allettarli con fior di interessi o rassegnarsi a tirare i remi in barca. Ovviamente il tentativo di pressione della finanza si gioca su questo: «se voi ci mettete questi paletti noi saremo costretti a tagliare i finanziamenti alle imprese». La minaccia però è debole, dato che i tempi concessi per mettersi in regola saranno sufficientemente lunghi e che le cifre spese dall’Europa per salvare le sue imprudenti banche sono state talmente iperboliche da rendere impensabile il mantenimento della vecchia regolamentazione.

Certo, spiace che le banche italiane, che non hanno avuto necessità di aiuto esplicito, debbano sobbarcarsi la stessa fatica delle altre per rafforzarsi; forse sarebbe stato saggio prevedere regole più morbide per i «virtuosi», ma in questo momento si cercano certezze e l’alternativa al rafforzamento patrimoniale sarebbe ripensare da capo l’attività bancaria, regolandola totalmente come se fosse la distribuzione del gas o dell’acqua, cosa che sarebbe francamente troppo radicale. Conviene quindi provare a giocare la debole carta di Basilea 3 sperando che basti e ricordando il vecchio cartello nei negozi che diceva «per colpa di qualcuno non si fa credito a nessuno».

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