Basta piangere sul Grinzane. In arrivo tartine più fresche...

Metti che il Grinzane era tutto. Metti che il Grinzane era dappertutto. Metti che il premio letterario organizzato da quel signore là, quello che i suoi amici non nominano neanche più, riempisse gli orizzonti culturali di un’intera regione. E nel dire regione già stiamo sottovalutando i Grinzane-Africa, i Grinzane-civiltà della montagna, i Grinzane-giardini botanici, i Grinzane quel che vi pare a patto che invitiate anche me... Ecco allora che si spiega quello che resta adesso, quello che ci resta: il vuoto. Peggio, una mancanza di potere letterario che ricorda il giorno dopo il sacco di Roma. Il giorno in cui i barbari, tra i ruderi, si sono detti: «E ora che si fa?». E subito dopo sono andati a cercarsi un romano qualsiasi per farsi spiegare i rudimenti necessari a vivere da persone civili.
Adesso che tutti, dopo l’inevitabile e manicheo sdegno verso Giuliano Soria, stanno cominciando a rimpiangere le tartine che si mangiavano in quei bei viaggetti a San Pietroburgo, inizia una difficile ricostruzione. E ognuno dà il contributo che può.
Bene, il contributo di Mercedes Bresso è piuttosto bizzarro. La presidente della Regione Piemonte ha pensato, da par suo, che non ci fosse niente di meglio di un bel romanzo per riempire quel vuoto. Un romanzo giallo ambientato proprio a Grinzane-Cavour: Il profilo del tartufo (Rizzoli). Insomma una robina che unisse l’utile al dilettevole e rilanciasse un po’ quel che resta del borgo dopo lo scandalo letterario del secolo. Lei stessa ha definito i caratteri dell’opera parlando con l’Agi: «Voglio scrivere romanzi dove protagonista è il territorio... È anche un modo efficace per promuovere il Piemonte». Ogni considerazione letteraria e politica la si può lasciare al lettore, senza nulla togliere alla Bresso, che in un’altra vita scriveva canzoni per Claudio Villa.
Epperò fa un po’ strano, lo nota anche un critico non destrorso come Luca Mastrantonio sul Riformista, che in tanta produzione letteraria, destinata a eclissare Scerbanenco, che non si faccia nemmeno un accenno a Giuliano Soria. Per usare le parole di Mastrantonio, sarebbe come «scrivere un giallo su Versailles senza il Re Sole». Il resto era forse perdonabile, ma questa omissione no. Se si canta, come Nerone, sulle ceneri di un mondo, bisogna almeno citare chi, nel bene e nel male, quel mondo lo ha edificato.


Meno male che, libri a parte, stanno cercando di inventarsi un nuovo Grinzane: anzi due. Sta per nascere un bel «Premio Piemonte» e c’è chi vorrebbe risuscitare il Grinzane Cavour. Regni romano-barbarici? Magari le tartine ci sono lo stesso...

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