Basta con la pornocrazia adesso ritorni la politica

La dittatura delle intercettazioni ribalta la realtà: conta più il privato del pubblico. È ora di ripartire dal bene comune, altro che moralismi di Stato, servono riforme per cambiare il Paese

Basta con la pornocrazia 
adesso ritorni la politica

Vedo il mio Paese alla deriva e dopo lo sconforto mi ricompongo e chiedo: ma da dove può ripartire la politica? Dalla politica, scrive­vo ieri. Non è un circolo vizioso, è la realtà. La politica, come la giusti­zia, è finita in un caso personale, in un attacco o una difesa adperso­nam . Abbiamo perso il senso del­la realtà, la scala delle priorità, la distinzione degli ambiti e dei con­fini. Ora la politica deve ricomin­ciare là dove sorge il suo nome e la sua essenza; si chiama politica e nella polis è inclusa già l’idea plu­rale di una poligonia, per dirla con Gioberti, e della cittadinanza inte­ra. Non si può far politica intorno al Caso B. Che vuol dire ripartire dalla poli­tica? Innanzitutto vuol dire ricost­i­tuire un vero movimento politico, e quindi dotarsi di una prospetti­va e un habitat. Il punto di parten­­za è l’Italia, il punto d’arrivo è la ri­forma dello Stato. La politica ripar­te dal legame sociale, politico e co­munitario. È un orizzonte colletti­vo, non singolare. La stessa antipo­litica, alla fin fine, tradisce la no­stalgia della politica vera, che è de­cisione, e dunque responsabilità personale, ma anche partecipa­zione, e dunque popolo. L’abc della politica è nel legame sociale. Non aspetto nessuna rivo­luzione liberale, come si vagheg­gia da vent’anni; aspetto la politi­ca, che non è l’economia, non è l’individuo, non è il mercato. Per­ché in politica ci sono cose che non possono essere regolate dal mercato, decise dall’economia, orientate solo su base individua­le. La politica si fonda sulle comu­nità locali - cioè cittadine, provin­ciali, territoriali - sulle comunan­ze politiche - cioè di partito, di idee, di culture civiche - sulle co­munità nazionali - cioè unite da amor patrio e identità nazionale ­e sulle unioni sovranazionali ­cioè le civiltà, come l’Europa o il Mediterraneo. Dopo l’emergenza occorrerà ri­p­artire dalla politica e non dal lea­der. Semmai il leader dev’essere il punto d’arrivo, non di partenza, con un sistema elettorale reso coe­rente che elegga direttamente il sindaco come il rappresentante del territorio in Parlamento, il go­vernatore regionale come il pre­mier. Non si può decidere tutto, il sistema delle alleanze, il ruolo dei soggetti in campo, i margini del­l’azione politica sulla sola base della lealtà al leader o in odio a lui. La politica precede il leader e so­pravvive a lui. I leader passano, l’Italia resta.L’idea forte della poli­tica è il tuo paese, l’Italia unita e l’amor patrio. È lo Stato, ovvero il senso dello Stato, lo spirito pubbli­co e la necessità di guidare la socie­tà tra le tempeste del mondo glo­bale. Uno Stato che gestisca di me­no e controlli di più, più leggero ma più autorevole. Anche in sede europea occorre ripartire dalla politica. A costo di essere visionari bisogna far nasce­re il so­ggetto politico Europa attra­verso un atto politico, fortemente simbolico e popolare, come può essere l’elezione diretta del presi­dente degli stati uniti d’Europa. Se l’Europa ha una banca centrale ma non ha un governo centrale, sa­rà sempre la serva gracile della fi­nanza. Il nemico principale della politi­ca è oggi il privato. Non fraintende­te, non intendo dire l’iniziativa pri­vata o il settore privato rispetto al pubblico. Intendo dire che oggi il Privato sembra l’essenziale e il Pubblico la sua ricaduta. La politi­ca oggi si fa a partire dal privato, i cittadini valutano la politica sulla base della vita privata, il privato domina ovunque. Occorre restitu­ire dignità e autonomia alla sfera pubblica. Uno degli effetti della ti­rannia del privato è la ricattabilità dei personaggi pubblici sul priva­to, l’ossessione morbosa delle in­tercettazioni, il giudizio politico confuso con la sfera privata. La po­litica non può dipendere dal priva­to, né dipendere dalla morale, ma non può essere priva di etica.L’eti­ca è la morale degli stati e della sfe­ra pubblica; la morale è l’etica del­le coscienze, che è di natura perso­nale; può essere mediata da enti morali e religiosi, ma non da istitu­zioni politiche. La politica si sposa all’etica ma non si addentra nella morale. Non pretendo che i politi­ci abbiano senso morale, ma esi­go che abbiano senso etico. Per fa­re un esempio: non mi interessa la loro condotta sessuale, ma non ac­cetto che qualcuno abbia un ruo­lo pubblico per meriti sessuali. La prima può riguardare la morale, la seconda riguarda l’etica. È folle questa fase della politica decisa su base privata, non solo in Italia ma in Occidente, se si pensa al caso Strauss Kahn o Sarah Pa­lin. Il rovescio del moralismo è la pornocrazia, cioè il giudizio politi­co fondato sul comportamento sessuale. È il virtuismo borghese, criticato da Vilfredo Pareto cen­t’anni fa. Ma la risposta al morali­smo non può essere l’abbandono ai liberi impulsi della vita privata; la politica ha bisogno di un’etica che le dia decoro, dignità del ruo­lo e credibilità. Rispettate la sfera pubblica, è lo spazio in cui convi­vono e comunicano governati e governanti, qui prende corpo la cittadinanza. Ci sono oggi le condizioni per ri­lanciare la politica? No, onesta­mente non ci sono. Non c’è il cli­ma, non c’è un’élite costituente, non c’è fervore e passione civile. Si tratta di intercettare i flussi vita­li, ridestare gli spiriti sommersi nel profondo dei popoli; ma pri­ma ancora, si tratta di rieducare i cittadini a considerarsi popolo e non solo individui, a capire che la tua vita, il tuo benessere non è indi­pendente, ma è interdipendente, è in un contesto. Bisogna tornare all’abc della po­litica e delle sue passioni elemen­tari.

Ma resta la considerazione di prima, non ci sono segnali positi­vi, solo segnali in negativo: c’è il vuoto, c’è il fallimento del model­lo opposto, c’è il malcontento. Non so se basti questo per rigene­rare la politica; ma è l’unica cosa di cui disponiamo. E dunque ri­partiamo da lì. L’agire politico na­sce per rispondere a quel che man­ca.

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