Spettacoli

Il bel viaggio di Leo per diventare Gullotta

Il bel  viaggio  di Leo  per  diventare Gullotta

Uno e centomila, ma mai nessuno. La tenacia con la quale Leo Gullotta inseguì il sogno di diventare qualcuno sortì come risultato di diventare Uno; da quell'Uno, emanarono centomila sfumature caratteriali dispensate in sessant'anni di carriera. Quanto emerge dall'autobiografia Leo Gullotta. La serietà del comico (Ed. Sagoma), scritta con Andrea Ciaffaroni, è il ritratto di un signore che mescola, da sempre, lìambizione con l'umile contezza che gli esami non finiscono. L'avvio fu a Catania in un quartiere popolare, ultimo di sei figli. Le ristrettezze economiche erano contrappesate dalle larghe vedute del padre, il quale lo invogliò a seguitare nella recitazione. Il direttore dello Stabile catanese, avendolo applaudito in un saggio gli propose, appena sedicenne, di stabilizzarsi allo Stabile. Per dieci anni, dal ì62 al '72, crebbe in un contesto la cui risonanza era enorme, gravitandovi letterati del peso di Leonardo Sciascia e attori quali Turi Ferro e Salvo Randone. Vi transitò pure Ave Ninchi, che poi lo ospitò a casa sua a Roma allorché decise di abbandonare la tranquillità «impiegatizia» dello Stabile per affermarsi da solo in continente.

Roma, dunque. Le difficoltà iniziali e l'affermazione in spettacoli umoristici da lui concepiti. Lo vennero a vedere in molti, tra cui Nanni Loy, Nino Manfredi, Pier Francesco Pingitore: tutti e tre intravidero in lui un prezioso compagno di viaggio. Valida intuizione concretatasi, nel caso di Loy e Manfredi, in molte fortunate occasioni cinematografiche, mentre con Pingitore condivise i trionfi del Bagaglino.

La storia di Gullotta contempla i mondi lontanissimi della signora Leonida, maschera effervescente, e di Giuseppe Tornatore, che lo considerò essenziale nel crudo realismo de Il camorrista come nel sogno intercontinentale di Nuovo Cinema Paradiso; dello scrivano Bartleby interpretato a teatro, la cui mitezza estrema crea più scompiglio di una rivoluzione, e del direttore d'orchestra incarnato al cinema nel recentissimo Quel posto nel tempo, che racconta di un uomo intenzionato a riacciuffare quei ricordi di cui l'Alzheimer lo sta deprivando.

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