Pensate a una piazza del Nord Europa in periodo prenatalizio. Le bancarelle con i rami dabete e i giocattoli di legno, le porcellane inglesi e le bambole di pezza, gli gnomi e le streghe, con una musica di sottofondo (non manca, nella compilation, il solito White Christmas di Bing Crosby) e il campanacccio di un Babbo Natale che offre ghirlande di paglia e vischio per pochi euro. Pensate a una piazza del Nord Europa in periodo prenatalizio. Place Saint-Lambert a Liegi, per esempio, cuore di quella vecchia regione mineraria (Marcinelle, 1956, ricordate?) abitata da decine di migliaia di italiani. Allimprovviso, come emerso dagli inferi, davanti al severo palazzo dei Principi-Vescovi, cuore della città di 200mila abitanti, il panico, il terrore, intessuto di spari, di esplosioni, di grida, mentre sullo sfondo lentamente si mettono in moto le sirene delle ambulanze e ci sono donne, uomini, bambini che si buttano a terra e altri che si acquattano dietro le bancarelle e i lampioni della luce. Il lamento e le urla dei feriti, e sei corpi immobili, quando tutto finisce, sullasfalto.
Così, in una gran piazza del Nord Europa, per un giorno almeno, il Natale chiude i battenti e non vuol saperne di musica, di addobbi e di letizia. E si sbaracca, mentre i marciapiedi e il selciato e i cappotti e le giacche a vento rimasti per terra sono inzuppati di sangue, tra sacchetti che hanno sparpagliato il loro contenuto, sciarpe servite a tamponare, ad arrestare emorragie e scarpe scompagnate.
Accade tutto intorno alle 12.30, e quel che si capisce dopo un po, per il sollievo che ne può venire, è che forse non è un attentato, che gli islamici e Al Qaida se tutto va bene non centrano. Forse. Anche se fra i testimoni, per tenere alta la temperatura del giallo, cè chi insiste a dire che sulla scena erano almeno in due. «Stavo aspettando lautobus in piazza - ha raccontato una studentessa - quando ho visto due uomini. Luomo che ha sparato aveva unarma molto grande, laltro è scappato. Cera il panico. Nella piazza allimprovviso è scoppiato il caos». È lopera di uno squilibrato, sintetizza a metà pomeriggio il procuratore del re: un saldatore di mestiere, un trentaduenne il cui nome arabo, magrebino, Norodine (o Noureddine) Amrani, aveva sulle prime fatto pensare a un exploit integralista. Poi, più tardi, si scoprirà che tre anni fa questo Amrani, uno spostato, un deviante, era stato condannato a 4 anni e dieci mesi di prigione per detenzione di armi da guerra e che era stato convocato ieri mattina, nuovamente, dagli inquirenti, ma non si era presentato.
Con chi ce laveva ieri, Norodine Amrani? Con tutti e con nessuno. Con i giudici del Tribunale (fra le granate che ha fatto esplodere ce nè stata una anche contro il Palazzo di Giustizia che si affaccia sulla gran place) e con latmosfera lieta, pacifica, serena che nella sua psicopatia giudicava intollerabile. Così, sul far del mezzogiorno, è spuntato sulla piazza, si è diretto verso la fermata degli autobus (ne passano quasi duemila in un giorno dalla gran place) e ha lanciato una serie di granate allintorno. Poi ha estratto un kalashnikov e ha vuotato un caricatore contro un gruppo di ragazzi che aspettavano il loro autobus. Infine, dallo zaino che aveva con sé ha estratto un revolver e si è ammazzato. O forse, secondo certe testimonianze, è morto ammazzato da una delle sue granate, per sbaglio, e anche per fortuna, nel caso.
Per terra, morti, falciati dalle pallottole, straziati dalle schegge delle granate ci sono un ragazzo di 20 anni, due adolescenti di 15 e 16 anni, una donna anziana e un bambino di 23 mesi. I feriti sono 123.
In un lampo, come per riflesso condizionato, chiudono le scuole, le banche, gli uffici, mentre dalla capitale accorrono il re Alberto II e la regina Paola, insieme col primo ministro Elio Di Rupo. Armi, coltivazione di canapa indiana, abusi sessuali.
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