Belli e in forma ma senza diktat

Esiste un dirigismo economico, ma esiste anche un dirigismo estetico. È comprensibile che la critica all’intervento pubblico sulle questioni economiche appaia assai più rilevante di ciò che può rappresentare l’imposizione dirigistica nel campo estetico. Cosa, appunto, comprensibile, ma anche sbagliata perché si sottovaluta il peso dei comportamenti sociali dettati dagli orientamenti del gusto e dello stile, dal modo in cui si percepisce e si riconosce la bellezza. I comportamenti sociali suggeriti o indotti dalle regole del gusto, dallo stile e dal bello hanno ovviamente riflessi importanti nell’economia del Paese. Ecco perché quando spira il venticello del dirigismo economico si avverte anche quello del dirigismo estetico.
Ho letto sul quotidiano inglese The Guardian una curiosa intervista alla cantante lirica Deborah Voigt. Si sa che queste artiste sono spesso molto voluminose perché una certa abbondanza di peso facilita l’emissione della voce. Ma la signora Voigt doveva aver superato ogni limite perché - così si lamentava con l’intervistatore - i critici discutevano più sull’abbondanza del suo corpo che sulla qualità della voce. Accade, allora, che, per continuare a lavorare, la cantante decide di sottoporsi a una di quelle operazioni che ti squartano, togliendo via un pezzo di stomaco e di pancia. Da quanto si capisce, la signora Voigt non è affatto contenta, ma adesso può almeno cantare ed essere giudicata per il suo valore artistico e non sulla base del peso corporeo.
Dall’esagerato grasso all’esagerato magro il passo è breve, nonostante le apparenze. Abbiamo appreso che il capo del governo spagnolo Zapatero ha messo dei limiti alla lieve e diafana trasparenza delle indossatrici. Se sono troppo magre, sarà loro proibito di sfilare sulle passerelle: come si sa, la decisione del presidente spagnolo ha fatto scuola. Le indossatrici che intendono continuare a lavorare, non solo potranno, ma dovranno mangiare ogni tanto qualche panino e pizza.
Naturalmente si comprendono e si condividono le buone intenzioni per la salvaguardia della salute, come la proibizione del fumo nei luoghi pubblici, come una volta la proibizione dell’alcol negli Stati Uniti e come oggi la controffensiva americana per l’abolizione delle patatine fritte, nocive a grandi e piccini.
La questione è un’altra: la battaglia in difesa della salute non deve colpire a morte la bellezza della differenza o, meglio, le diverse forme con cui si può manifestare ed esprimere la bellezza. Il pluralismo estetico è un arricchimento sociale, che deve essere difeso, mentre mi accorgo che le giuste contromisure per arginare forme patologiche (eccessiva magrezza, eccessiva grassezza) sono interpretate come nuovi modelli estetici.
Il canone estetico, che detta le regole di ciò che è bello e di ciò che è brutto, è quanto di più sbagliato, illusorio e antieconomico ci sia. L'omologazione o modello di bellezza dà un’apparente ed effimera sicurezza a chi è incerto sul modo di esprimere il suo stile, ma cancella la libertà del corpo, libertà che è il fondamento della sanità stessa del corpo.
Non si sottovaluti il fatto che la costrizione estetica (da chiunque e da qualsiasi parte essa provenga) è un tarlo che mina l’integrità psichica di una persona, ossessionandola a interpretare determinati modelli di bellezza per poter raggiungere il successo o, più semplicemente e più comunemente, per essere accettata dal proprio gruppo di amici.


Il pluralismo degli stili con cui si esprime la bellezza è una libertà essenziale del corpo, della mente ed anche economica perché sviluppa e incentiva proposte competitive di forme di consumo. La giusta battaglia per la salute del corpo non deve avere come esito il consolidamento dell’uniformità degli stili che, annientando la bellezza della differenza, rappresenta il più insidioso nemico della libertà.

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