Cronaca locale

Benson, il sound gentile che non tramonta

Quando, esattamente 35 anni fa, uscì Breezin’, l’album che impresse la svolta nella carriera di George Benson, fu un successo incondizionato, di qua e di là dell’Atlantico. Merito anche del singolo This Masquerade, divenuto immediatamente un vero e proprio tormentone. Peraltro musicalmente ineccepibile. Era il 1976. Da allora, il talento del chitarrista nero di Pittsburgh, Pennsylvania, classe 1943, ha potuto (e saputo) esprimersi in modo costante, continuo e continuativo - in altre parole: sempre al meglio - fino a oggi. Nonostante l’originale vena jazzistica di cui era impregnato il Dna della sua musica abbia spesso e volentieri (ma sempre in modo consapevole ed elegante) concesso spazi a pop, R&B, funky e al blues. Ma senza mai lasciarsi andare a «marchette» di tipo spudoratamente commerciale. Del resto - basta guardarlo muoversi sul palco, prima ancora di sentirlo - Benson è uno che ama lo stile. Stile e cura della persona fisica che hanno via via plasmato e permeato, nel corso degli anni, anche quel sound così originale, gradevole e incisivo che gli hanno guadagnato il favore del pubblico, oltre a una pioggia di riconoscimenti. Quello stesso stile e quello stesso sound che ritroveremo stasera, sul palco dell’Arena Civica (ore 21), nell’ambito del Milano Jazzin’ Festival. Riascolteremo così classici indimenticabili come The Greatest Love of All (inserita nel 1979 nel film The Geatest su Muhammad Ali, non fu subito apprezzata ma raggiunse presto la vetta delle classifiche grazie all’interpretazione di una strepitosa Whitney Houston), On Broadway, inserita nella colonna sonora del pluripremiato film All That Jazz di Bob Fosse, e poi ancora Give Me the Night, per arrivare a You Are The Love Of My Life, oltre, naturalmente, ai brani dell’ultima produzione discografica, Song and Stories, del 2009. Nè va sottovalutata la costante presenza e affermazione nelle vetrine più scintillanti del panorama jazz internazionale: prova ne è la «calda» partecipazione, non più tardi di una settimana fa, al Festival di Montreux. Non solo. La sua incessante attività lo ha visto collaborare con veri e propri mostri sacri del jazz, quello che conta davvero: da Miles Davis a Herbie Hancock a Jimmy Smith. Oltre a famosi duetti con star del calibro di Aretha Franklin e Chaka Khan. Senza comunque mai lasciare la strada maestra del jazz. E’ bello ricordare, a questo riguardo, che nel 1990 Benson, insieme con la Count Basie Orchestra, realizzò un disco per «rendere giustizia» alla musica del suo fondatore, mantenendo la promessa fatta al grande pianista, compositore e direttore d’orchestra del New Jersey, sei anni dopo la sua scomparsa. Quella di oggi è un’altra utile occasione per chi ama la buona musica, a tutto tondo, senza sfronzoli e «sovrastrutture», adatta a un pubblico sempre più trasversale, per età e per estrazione musicale e di genere.

Come quello che anima le serate di questo luglio milanese all’Arena per il Jazzin’ Festival, che ha saputo proporre un cartellone al passo con le migliori programmazioni europee.

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