Benvenuti si fa in 31 per dire addio a casa Gori

Alessandra Miccinesi

«Abbiamo mantenuto la promessa. L’affetto dimostrato dal pubblico negli spettacoli test effettuati in Toscana ci conforta». È fatta. Con Addio Gori, tassello conclusivo della trilogia cult inventata da Alessandro Benvenuti e Ugo Chiti (Benvenuti in casa Gori e Ritorno a casa Gori), il cerchio si chiude. Finalmente la storia, o meglio, il sonoro della famiglia ordinaria di Pontassieve, metafora di una società annichilita dalla realtà, ma impegnata a ribadire se stessa attraverso l’esercizio del disagio esistenziale, riallaccia il filo del discorso interrotto quattro anni fa.
Da stasera al 23 dicembre, e dal 31 dicembre al 7 gennaio, in prima nazionale al teatro La Cometa, Benvenuti svelerà al pubblico le ultime novità dal disastrato fronte famigliare Gori. «È una commedia popolare dalla vena elegante, quasi sperimentale, che il pubblico apprezza perché sente la verità cristallina del testo. Esperienze prese in prestito dalla vita vera, di amici e familiari» confessa Benvenuti ricordando la facilità con cui i «quasi» parenti Gori uscivano (e escono ancora) di getto dalla penna sua e di Chiti. «Rispetto alle prime due commedie i caratteri sono stati limati e la scrittura è più free, quasi jazzistica. Con Ugo ci siamo rimpallati le battute come giocatori di ping pong cercando di ricompattare il cast delle altre puntate recuperando personaggi spariti e aggiungendone di nuovi». L’idea della trilogia, confessa l’autore toscano impegnato sul set della seconda serie della fiction Caterina e le sue figlie, è venuta subito. Ma se con Ritorno il lavoro di stesura è stato semplice, per Addio c’è stato bisogno di superare un intoppo iniziale. «C’è venuto il braccino, per dirla in gergo tennistico. Poi, il miracolo: è bastato buttare lì un aggettivo che loro, i Gori, se ne sono subito impossessati e hanno scritto il copione da soli. Io e Ugo ormai siamo due posseduti». La commedia ricalca lo schema classico della saga, solo che al posto del pranzo di Natale e della veglia funebre stavolta c’è un banchetto di nozze animato da trentuno personaggi tutti interpretati dall’eclettico Benvenuti. La storia ricomincia da Samantha Pecchioli, che all'inizio dell'epopea aveva due anni (e una sola battuta), e oggi è una ventiduenne sull'orlo del matrimonio. La descrizione del lieto evento, intrecciato al compleanno dell'ottantatreenne Gino Gori - elemento di suspense destinato a creare gli incidenti drammaturgici -, è il motore di un racconto che per la prima volta include anche una riflessione sul mondo esterno. «La cosa bella - confessa Benvenuti - è che siamo partiti da lontano, ma abbiamo saputo lavorare sulla maturazione dei personaggi ottenendo un bel gioco di sponda tra attore e personaggio, ciascuno testimone dell’invecchiamento dell’altro». Se ci sarà posto per il film numero tre della saga, l’attore e regista non sa dirlo. «Sarebbe l’unico modo per farmi tornare sul set. Ultimamente preferisco fare il cantante rock con la Banda Improvvisa, una filarmonica di 50 elementi d’età compresa tra i 13 e gli 80anni che stravolge le canzoni dei cantautori.

Abbiamo appena rifatto, a metà strada tra Goran Bregovic e Frank Zappa, Storia di un impiegato di De Andrè». Un regalo per i fan della trilogia Gori: il 26, 27, 28 dicembre al teatro La Cometa andrà in scena Benvenuti in casa Gori; il 29 e 30 dicembre invece Ritorno a casa Gori.

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