Cosa resta del caso Marrazzo? No, non intendo più parlare di lui, la sua storia riguarda ormai la sua coscienza, la sua famiglia e gli inquirenti. E non intendo nemmeno parlare dell’effetto politico, sia riferito alla crisi della sinistra sia riferito a paragoni e divergenze con il caso delle escort. Voglio invece soffermarmi sugli italiani, per vedere come hanno reagito a questa vicenda. È un test importante per capire come è cambiata l’Italia. Facendo una statistica all’ingrosso si può dire che mezza Italia ha detto: che schifo andare con un trans, aggiungendo l’aggravante di essere un uomo pubblico con responsabilità di governo. Un’altra fetta cospicua di italiani lo ha solo pensato, ma ha preferito unirsi all’altra metà degli italiani per i quali lo scandalo non era andare con i trans ma andarci con le auto blu a spese pubbliche, abusando del potere e risultando così ricattabile. Motivazione ineccepibile ma condita con un filo di ipocrisia.
Lasciatemi dire che ciascuno, sì, ha il diritto di vivere come crede ma ciascuno ha pure il diritto di criticare i comportamenti del prossimo e soprattutto di opporsi che alcune scelte diventino modelli di riferimento ed esempi di vita. Ai sessoliberisti e a chi come Radio radicale chiede soldi per fare servizio pubblico e poi definisce idiozie chi non giudica ineccepibile andare con i trans, vorrei dire in totale spirito di libertà: ognuno è libero di scegliersi i pregiudizi che vuole, c’è chi come voi preferisce quelli degli ultimi anni e chi, invece, quelli dominanti negli ultimi millenni.
C’è stata invece una minoranza cospicua di italiani che ha preferito astenersi dall’esprimere qualsiasi giudizio sul caso Marrazzo: e tra loro ci sono pochi rigoristi della neutralità assoluta in materia privata, ma non pochi furbi timorosi che hanno la coda di paglia, per sé o per i loro capi. A tale proposito sono in tanti a dirmi che «andare a trans» non è affatto un vizio o uno sport marginale; sono tanti i frequentatori, tanti i politici e i giornalisti; e dunque questo silenzio non è una forma di rispetto della privacy altrui, ma della propria, quasi una forma di omertà, di complicità e di connivenza. A chi dice di lasciare in pace Marrazzo che vive un dramma, d’istinto rispondo che ha ragione, non bisogna infierire, però poi ricordo un paio di cose: che non si è trattato di un deplorevole incidente, ma di una mezza biografia, di una storia lunga e larga di assidua frequentazione.
E la sofferenza non è avvenuta perché si è accorto di aver sbagliato o di far soffrire i suoi famigliari, ma perché è stato scoperto e sputtanato. Il rispetto umano non deve venire mai a mancare; ma chiedo anche di rispettare la verità dei fatti e le responsabilità di ciascuno. E qui vengo alle spiegazioni che ho sentito in giro e che sono un gran test per misurare il nostro Paese. Beh, qui la cosa che più ha colpito la gente, accanto alla lunga frequenza che configurava un vero rapporto coordinato e continuato con i trans, è stata la totale assenza di precauzioni: auto blu in doppia fila, scorte, intere strade che si accorgevano del suo arrivo, centinaia di testimoni sparsi lungo gli anni. La sorpresa a questo punto era perché non fosse esploso prima. Altro che il timore dei ricatti; era quasi un’esibizione intemerata. Ma come hanno spiegato gli italiani questo comportamento recidivo e incurante? Alcuni giudicandolo sbrigativamente come un segno di malattia o come un segno di idiozia. Altri, più sofisticati, sostenendo che il potere e i suoi succedanei, come il successo e la popolarità, producono una strana ebbrezza di impunità e di invulnerabilità che porta a sentirsi al di là del bene e del male.
Qualcuno aggiunge la notazione che a volte è la cocaina o altri allucinogeni a espandere il raggio di onnipotenza e a far perdere il senso della realtà e della misura. Quando si vuol vivere troppe vite in una, e stare al passo con un eccesso di possibilità, si arriva a queste scelte. Ma il tema che resta è quanto sia patologico e isolato il caso Marrazzo e quanto sia invece il sintomo di una tendenza. Qui accenno a due analisi. Sul Corriere della Sera Marina Terragni ha sostenuto che il ricorso ai trans indica che molti uomini, realizzati in tutto, hanno bisogno di rimuovere la figura della donna o di difendersi da essa. Secondo Umberto Galimberti su la Repubblica la spinta verso il trans è voler moltiplicare l’identità, rifiutare la natura, rifarsene una variabile e multipla. Se queste analisi sono vere, dobbiamo dire allora che il trans è la condizione tipo verso cui tende l’uomo contemporaneo, è il nuovo modello umano. Siamo trans in via di sviluppo... Siamo tutti mutanti, tendiamo ad essere geneticamente modificati o con la chirurgia, il lifting, i farmaci, e siamo sempre più infedeli, instabili nei rapporti umani.
Nel nostro paese poi c’è una lunga tradizione di trasformismo che è il modello trans applicato alla politica e alla sfera pubblica: i voltagabbana, i camaleonti, i riciclati sono i nomi che indicano questa nostra tendenza a cambiare casacca, alleati, padroni, questa nostra vocazione proteiforme... Stiamo dunque viaggiando verso Transitalia? Ecco il pericolo, a questo punto. Che Marrazzo non sia un caso ma un sintomo, e perfino un precursore... profeta e martire di Transitalia.
Sarò rozzo, primitivo e oscurantista, ma preferisco tenermi la realtà con le sue imperfezioni, la natura con i suoi limiti, il destino con le sue cattiverie; e perfino la morale con i suoi pregiudizi. In Transitalia ci andate voi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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