Roma«Metta la fiducia, altrimenti questa manovra non passerà». Il deputato Silvio Berlusconi arriva puntualissimo alla Camera, poco prima delle 16. Siede tra il capogruppo, Fabrizio Cicchitto, e il segretario del suo partito, Angelino Alfano, per seguire il discorso di Mario Monti.
Saluta i deputati - quelli del Pdl nonostante un sms che ha «consigliato» la presenza non sono in realtà molto numerosi - dispensando sorrisi ma senza dare spazio a capannelli o siparietti scherzosi. Il colloquio più lungo ce l’ha con Roberto Maroni, con il quale si ferma a conversare per diversi minuti.
Quando il Professore inizia a parlare l’attenzione è massima. Berlusconi prende appunti su un maxiblocco, annuendo in più punti, specialmente nei passaggi in cui Monti richiama i rischi, il «baratro» che si aprirebbero nel caso in cui la missione «salva Italia» fallisse. Alla fine l’applauso al suo successore scatta spontaneo. Segnali di consenso che Berlusconi ripete durante l’intervento di Fabrizio Cicchitto, soprattutto quando quest’ultimo ricorda che «è proprio la costruzione europea attuale il punto debole» dell’azione di ogni governo in carica.
Il vero giudizio sulle misure montiane prende però forma all’uscita dall’aula, quando Berlusconi viene fermato dai giornalisti. «Questa manovra contiene diverse cose su cui non siamo aperti. Tuttavia, il problema non è una singola parte, ma la necessità di approvarla per intero per la situazione che si è creata. Noi sosteniamo il governo lealmente e continueremo a sostenerlo. E lo faremo anche se ci saranno, dopo il lavoro delle commissioni, cose su cui non avremo un’opinione positiva».
A chi gli chiede se ci siano margini di modifica del provvedimento, l’ex presidente del Consiglio replica: «Penso di sì, le commissioni sono fatte anche per quello, vediamo cosa si potrà migliorare». In ogni Berlusconi dà un consiglio al suo successore e fa una previsione che ha un evidente valore politico: «Devono porre la fiducia altrimenti non credo ci sia la possibilità di approvare la manovra». Una convinzione sposata e rilanciata anche da Pier Ferdinando Casini. «Una volta tanto sono d’accordo con Berlusconi: è presumibile che su questa manovra si metterà la fiducia». Il leader Udc prova anche a piantare le radici del governo nel cemento armato della politica. «Non ci possono essere pavidità o furberie nel sostenerlo.
Chiediamo un coordinamento dei gruppi parlamentari limpido, palese e trasparente». Una richiesta rispedita al mittente e giudicata irricevibile.
Sullo sfondo Berlusconi, con lo stato maggiore del Pdl - prima del discorso di Monti si svolge a Montecitorio un vertice con Alfano, i coordinatori e i capigruppo - continua a riflettere sulla strategia da tenere rispetto alla manovra. Già domenica sera, il numero uno di Via dell’Umiltà aveva invitato Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello ad analizzare bene la nuova Imu, in particolare la rivalutazione degli estimi, concordando sulla possibilità di introdurre emendamenti a favore delle categorie più svantaggiate. In questa fase la linea di Berlusconi viene definita «attendista» da chi gli sta vicino. «Non dobbiamo fare in modo di lasciare il governo Monti al Pd ma neppure accettare qualunque cosa» la sua raccomandazione. Oggi l’ufficio di presidenza servirà per ascoltare le opinioni dissonanti - Antonio Mazzocchi si appresta a presentare all’ex premier la raccolta di firme contro la reintroduzione dell’Ici - e dare indicazioni al gruppo sul da farsi.
La partita, visto che l’aula verrà blindata dalla fiducia, si giocherà nelle Commissioni dove il Pdl il 13 dicembre presenterà i suoi emendamenti.
Se questi verranno accolti bene, altrimenti il partito non farà mancare il proprio voto, sottolineando però che la responsabilità di quei provvedimenti ricade esclusivamente sull’esecutivo Monti. Una dissociazione «soft» molto gradita da quell’ala del partito che spinge per non soffocare il dissenso interno e segnare questa stagione con un maggiore protagonismo della politica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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