Berlusconi avverte tutti: «Io né ricattato né ricattabile»

RomaAvanti senza incertezze. Lo va ripetendo da tempo Silvio Berlusconi, in pubblico e in privato. E ieri lo ha ribadito attraverso l’ennesima anticipazione dell’ultimo libro di Bruno Vespa, Donne di cuori. Sia sul fronte giustizia che sul versante federalismo, dunque, il Cavaliere è deciso a premere il pedale sull’acceleratore perché «ogni parlamentare della maggioranza è impegnato» in questo senso. E a chi auspica che il dopo Cavaliere sia più vicino dei lunghi quattro anni che ancora mancano alla fine della legislatura lancia un messaggio eloquente: «Nessuno dispone di armi di ricatto nei miei confronti». Di fatto, la risposta a una delle dieci domande che da dopo il Noemigate campeggiano tutti i giorni su Repubblica. Una risposta, aggiunge il premier, che «vale per oggi come per il passato visto che non mi sono mai fatto ricattare da nessuno né mi sono mai comportato in modo per cui un simile evento si potesse verificare». Anzi, quando «sono state avanzate nei miei confronti richieste che secondo il giudizio mio e dei miei legali si configuravano come ricattatorie» (il riferimento è al caso Zappadu), «mi sono immediatamente rivolto all’autorità giudiziaria».
Il Cavaliere torna anche sui cosiddetti lodi, Alfano e Mondadori (la spartizione delle attività tra la Fininvest e la Cir che chiuse nel 1992 la battaglia economica e legale con Carlo De Benedetti e per la quale Fininvest è stata recentemente condannata in primo grado ad un risarcimento di 750 milioni di euro). «Quando la Consulta bocciò il Lodo Schifani - dice - non accennò alla necessità di sostituirlo con una legge di rango costituzionale. Bocciando il Lodo Alfano, dunque, la Corte ha smentito se stessa e la propria giurisprudenza». Quanto a quello Mondadori, Berlusconi spiega di averlo dovuto «subire». «Obtorto, anzi obtortissimo collo», aggiunge. Gli uomini della Cir, racconta il premier, «si alzarono dal tavolo facendo salti di gioia». Mentre «io faticai ad alzarmi perché ero sconfortato, deluso, abbattuto». «Mi sentivo - aggiunge - come uno che aveva subito un’intollerabile estorsione». Per Berlusconi, dunque, «la verità» è che «con il Lodo di Giuseppe Ciarrapico» (l’uomo che fece da mediatore nella trattativa) «dovetti subire un’imposizione politica da parte dei due più importanti leader del tempo». Cioè Bettino Craxi e Giulio Andreotti. Continua Berlusconi: «Mi dissero: “Hai tre reti televisive non puoi mantenere anche la proprietà di Repubblica, dell’Espresso e dei 18 giornali locali. Devi scegliere”. Fui costretto ad adeguarmi e scelsi naturalmente le televisioni». Insomma, «De Benedetti si prese tutto ciò che era politicamente influente ed economicamente più redditizio» mentre «a noi restarono i libri e le riviste della Mondadori del tutto ininfluenti sul piano politico». E sul risarcimento di 750 milioni di euro alla Cir, Berlusconi non cambia idea. «È un’ipotesi così assurda - ribadisce - che non riesco a prenderla in considerazione. Ai prezzi di Borsa del 21 ottobre 2009 tutta la partecipazione Fininvest in Mondadori vale 432,8 milioni».
Sul fronte riforme, poi, il presidente del Consiglio torna a ripetere che «si faranno» e chiama in causa il «programma di legislatura» che «è stato liberamente sottoscritto da tutti coloro che lo sostengono». E visto che la giustizia è una delle priorità «del nostro progetto politico di trasformazione profonda dell’Italia», il senso delle sue parole è chiaro: nessuno pensi di sfilarsi.


Anche di questo parleranno oggi Niccolò Ghedini, deputato del Pdl e avvocato del premier, Giulia Buongiorno, presidente della commissione Giustizia della Camera e legale di Gianfranco Fini, e Matteo Brigandì, uno dei responsabili Giustizia della Lega.

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