Siamo alla conta finale. Con i finiani che già assaporano la vittoria e si preparano a un nuovo piazzale Loreto e i fedelissimi del Cavaliere che in privato non nascondono timori e preoccupazioni. Per il loro destino politico e, ovviamente, per le loro poltrone. Fosse una pagina del Signore degli Anelli sarebbe quella dell’assedio di Mordor a Minas Tirith, con la sconfitta di Gondor data per scontata prima che la battaglia inizi. Ma se è vero che l’assaltoal Cavaliere è imponente come mai prima d’ora-lo sta a certificare la poderosa entrata in scena di uno solitamente prudente come Casini - sarebbe un errore sottovalutare l’innata capacità di Berlusconi di uscire a sorpresa dalle situazioni più difficili.
Ad oggi, insomma, è impossibile fare previsioni perché - ripete un ministro vicinissimo al premier - fosse una schedina si potrebbe giocare solo una tripla: «1X2». E aspettare di vedere come va a finire. Nel frattempo, dopo giorni e giorni di silenzio che lo hanno perfino portato a disertare il consueto briefing con i giornalisti al termine del G20 di Seul, il Cavaliere ha finalmente deciso di battere un colpo. E ha tracciato la strategia d’attacco: «Andremo avanti a governare con la fiducia che ci verrà data al Senato. Se non ci dovesseessere quella di Montecitorio benissimo, si andrà a votare solo per la Camera e vedremo che cosa decideranno gli italiani». Lo scontro, dunque, nelle strategie del Cavaliere, si dovrà aprire a Palazzo Madama, il ramo del Parlamento dove -almeno sulla carta- la maggioranza è più garantita. È lì che il governo dovrà andare a prendere la fiducia dopo il rimpasto che si renderà necessario per sostituire la pattuglia delFli che- su ordine di Fini- nelle prossime ore lascerà l’esecutivo.
Mentre i finiani sono decisi a giocare sul campo certamente più favorevole di Montecitorio e vorrebbero che la verifica iniziasse proprio da lì. Insomma, ci aspetta una settimana di noiose ma decisive guerre regolamentari per stabilire secodici, codicilli ed eccezioni alla mano - l’esecutivo possa chiedere la fiducia prima al Senato e poi alla Camera o viceversa. Con il dettaglio che a gestire il calendario di Montecitorio sarà una delle parti in causa, ovvero il presidente dellaCamera Fini. Ma ormai ci siamo abituati a tutto perché, per dirla con le parole di un fedelissimo dell’ex leader di An, «a brigante, brigante e re». Traduzione: qualsiasi cosa pur di far fuori Berlusconi.
Che nelle ultime ore, almeno in privato, non è affatto tenero con Fini: «Sta usando la presidenza della Camera come un ufficio di collocamento». E, è il senso del suo ragionamento, c’è chi glielo permette. Passata la legge di Stabilità, dunque, si arriverà finalmente alredde rationematteso ed evocato ormai da mesi. E nessuno farà prigionieri. Una partita nella quale giocare l’andata alla Camera o al Senato non è affatto indifferente. Berlusconi,infatti, è tuttora convinto che a Palazzo Madama i numeri gli siano favorevoli. Circostanza in verità da verificare, perché l’operazione a tenaglia portata avanti da Fini e Casini- e sostenuta con forza non solo dal Quirinale ma anche dai vertici di Confindustria e da parte di sindacati - prevede che una discreta pattuglia di senatori della maggioranza sia già pronta a fare il grande passo. Sono stati ribattezzati «i dormienti»: sono ancora nelle file del Pdl ma ne usciranno nel momento decisivo.
Il Cavaliere lo sa bene e ha già iniziato la sua azione di moral suasion. È chiaro, infatti, che se il primo passo della crisi fosse un voto favorevole del Senato, questo non potrebbe che incidere sul successivo passaggio alla Camera. Dove, è la convinzione del premier, a quel punto i moderati del Fli si troverebbero in grande difficoltà a votare la sfiducia a un governo che ha appena incassato il sostegno di Palazzo Madama. Eppoi, spiegava ieri il Cavaliere in privato, «mi hanno già chiamato sette deputati del Fli per assicurarmi che non voteranno mai la sfiducia all’esecutivo».Chissà. E anche se fosse, a quel punto Berlusconi potrebbe comunque salire al Colle forte del voto favorevole di uno dei due rami del Parlamento. E non solo pretendere il reincarico, ma anche chiedere le elezioni anticipate.
Magari, solo per quella Camera che ha votato contro. Un’ipotesi di cui il Cavaliere parla apertamente collegandosi telefonicamente allaconventionmilanese del Pdl: «Andremo avanti a governare con una fiducia che ci verrà data al Senato e che penso ci verrà data anche alla Camera. Se non ci dovesse essere la fiducia a Montecitorio benissimo, si andrà a votare solo per la Camera e vedremo che cosa decideranno gli italiani». Eventualità, questa, prevista dall’articolo 88 della Costituzione e su cui ha molto lavorato nelle ultime settimane Calderoli. Ma che,nonostante l’espressa previsione della Carta, pare piuttosto remota. Di certo, il Berlusconi che parla alla convention milanese del Pdl sembra già guardare alla campagna elettorale. «Non leggete i giornali - dice - che fanno pubblicità ad una politica partitocratica che ragiona o sragiona come se gli elettori non esistessero. Invece esistono e sono per il 60% con Silvio Berlusconi».
Poi l’affondo a Fini: «Ci sono professionisti della politica ormai vicini all’età in cui grandi leader come Bushe Blair scrivono le loro memorie che possono aspirare alla presidenza del Consiglio o della Camera solo attraverso decisioni di Palazzo.
Ma questa non è democrazia, è solo partitocrazia». Ben più duro in privato: «Fini e Casini? Dei capiazienda che pensano solo alla lorocadregae ai rimborsi elettorali senza i quali non avrebbero di che vivere...».