Berlusconi: "Il Colle sciolga la Camera" Governo, Fli: "Dimissioni irrevocabili"

Futuro e Libertà esce allo scoperto: "Dimissioni irrevocabili dal governo". Intanto il Pdl pressa per iniziare a votare al Senato. Il premier: "Se mi sfiduciano alle urne per eleggere nuovi deputati". L'ipotesi: sciogliere un solo ramo del parlamento si può.  E attacca Fini: "Sta usando la presidenza di Montecitorio come un ufficio di collocamento". Adesso il Fli ha paura: e se in aula le colombe non tradissero Silvio?. A Milano il Pdl si stringe intorno al leader

Berlusconi: "Il Colle sciolga la Camera" 
Governo, Fli: "Dimissioni irrevocabili"

Siamo alla conta finale. Con i finiani che già assapora­no la vittoria e si preparano a un nuovo piazzale Loreto e i fedelissimi del Cavaliere che in privato non nascondono ti­mori e preoccupazioni. Per il loro destino politico e, ovvia­mente, per le loro poltrone. Fosse una pagina del Signore degli Anelli sarebbe quella dell’assedio di Mordor a Mi­nas Tirith, con la sconfitta di Gondor data per scontata pri­ma che la battaglia inizi. Ma se è vero che l’assaltoal Cava­liere è imponente come mai prima d’ora-lo sta a certifica­re la poderosa entrata in sce­na di uno solitamente pru­dente come Casini - sarebbe un errore sottovalutare l’in­nata capacità di Berlusconi di uscire a sorpresa dalle si­tuazioni più difficili.

Ad oggi, insomma, è impossibile fare previsioni perché - ripete un ministro vicinissimo al pre­mier - fosse una schedina si potrebbe giocare solo una tri­pla: «1X2». E aspettare di ve­dere come va a finire. Nel frattempo, dopo giorni e giorni di silen­zio che lo hanno perfino por­tato a disertare il consueto briefing con i giornalisti al ter­mine del G20 di Seul, il Cava­liere ha finalmente deciso di battere un colpo. E ha traccia­to la strategia d’attacco: «An­dremo avanti a governare con la fiducia che ci verrà da­ta al Senato. Se non ci doves­se­essere quella di Montecito­rio benissimo, si andrà a vota­re solo per la Camera e vedre­mo che cosa decideranno gli italiani». Lo scontro, dunque, nelle strategie del Cavaliere, si do­vrà aprire a Palazzo Madama, il ramo del Parlamento dove -almeno sulla carta- la maggio­ranza è più garantita. È lì che il governo dovrà andare a pren­dere la fiducia dopo il rimpa­sto che si renderà necessario per sostituire la pattuglia delFli che- su ordine di Fini- nelle prossime ore lascerà l’esecuti­vo.

Mentre i finiani sono decisi a giocare sul campo certamen­t­e più favorevole di Montecito­rio e vorrebbero che la verifica iniziasse proprio da lì. Insom­ma, ci aspetta una settimana di noiose ma decisive guerre regolamentari per stabilire se­codici, codicilli ed eccezioni al­la mano - l’esecutivo possa chiedere la fiducia prima al Se­nato e poi alla Camera o vice­versa. Con il dettaglio che a ge­st­ire il calendario di Montecito­rio sarà una delle parti in cau­sa, ovvero il presidente dellaCamera Fini. Ma ormai ci sia­mo abituati a tutto perché, per dirla con le parole di un fedelis­simo dell’ex leader di An, «a brigante, brigante e re». Tradu­zione: qualsiasi cosa pur di far fuori Berlusconi.

Che nelle ulti­me ore, almeno in privato, non è affatto tenero con Fini: «Sta usando la presidenza del­la Camera come un ufficio di collocamento». E, è il senso del suo ragionamento, c’è chi glielo permette. Passata la legge di Stabilità, dunque, si arriverà finalmente alredde rationematteso ed evocato ormai da mesi. E nes­suno farà prigionieri. Una par­tita nella quale giocare l’anda­ta alla Camera o al Senato non è affatto indifferente. Berlusco­ni,infatti, è tuttora convinto che a Palazzo Madama i nume­ri gli siano favorevoli. Circo­stanza in verità da verificare, perché l’operazione a tenaglia portata avanti da Fini e Casini- e sostenuta con forza non so­lo dal Quirinale ma anche dai vertici di Confindustria e da parte di sindacati - prevede che una discreta pattuglia di se­natori della maggioranza sia già pronta a fare il grande pas­so. Sono stati ribattezzati «i dormienti»: sono ancora nelle file del Pdl ma ne usciranno nel momento decisivo.

Il Cava­liere lo sa bene e ha già iniziato la sua azione di moral suasion. È chiaro, infatti, che se il primo passo della crisi fosse un voto favorevole del Senato, questo non potrebbe che incidere sul successivo passaggio alla Ca­mera. Dove, è la convinzione del premier, a quel punto i mo­derati del Fli si troverebbero in grande difficoltà a votare la sfi­ducia a un governo che ha ap­pena incassato il sostegno di Palazzo Madama. Eppoi, spie­gava ieri il Cavaliere in privato, «mi hanno già chiamato sette deputati del Fli per assicurar­mi che non voteranno mai la sfiducia all’esecutivo».Chissà. E anche se fosse, a quel pun­to Berlusconi potrebbe co­munque salire al Colle forte del voto favorevole di uno dei due rami del Parlamento. E non solo pretendere il reincari­co, ma anche chiedere le ele­zioni anticipate.

Magari, solo per quella Camera che ha vota­to contro. Un’ipotesi di cui il Cavaliere parla apertamente colle­gand­osi telefonica­mente allaconven­tionmilanese del Pdl: «Andremo avanti a governare con una fiducia che ci verrà data al Senato e che penso ci verrà data anche alla Camera. Se non ci dovesse es­sere la fiducia a Montecitorio be­nissimo, si andrà a votare solo per la Camera e vedremo che cosa decide­ranno gli italiani». Eventualità, que­sta, prevista dall’ar­ticolo 88 della Co­stituzione e su cui ha molto lavorato nelle ultime setti­mane Calderoli. Ma che,nonostante l’espressa previsione della Carta, pare piuttosto remota. Di certo, il Berlusconi che parla alla convention milanese del Pdl sembra già guardare al­la campagna elettorale. «Non leggete i giornali - dice - che fanno pubblicità ad una politi­ca partitocratica che ragiona o sragiona come se gli elettori non esistessero. Invece esisto­no e sono per il 60% con Silvio Berlusconi».

Poi l’affondo a Fi­ni: «Ci sono professionisti del­la politica ormai vicini all’età in cui grandi leader come Bu­she Blair scrivono le loro me­morie che possono aspirare al­la presidenza del Consiglio o della Camera solo attraverso decisioni di Palazzo.

Ma que­sta non è democrazia, è solo partitocrazia». Ben più duro in privato: «Fini e Casini? Dei ca­piazienda che pensano solo al­la lorocadregae ai rimborsi elettorali senza i quali non avrebbero di che vivere...».

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