Roma - Il foglio che campeggia sulla scrivania di Silvio Berlusconi è piuttosto eloquente. E - questo scorge uno dei tanti interlocutori del Cavaliere che ieri ha passato la giornata a Palazzo Grazioli tra incontri, vertici e decine di telefonate - schematizza quattro ipotesi possibili: governo di larghe intese, governo politico, governo tecnico, voto. E pur essendo quest’ultima la soluzione che più convince il premier, è quella del governo tecnico la strada che si va profilando all’orizzonte. Per la pressione dei mercati,per l’accelerazione imposta da Giorgio Napolitano che ieri ha inviato a Palazzo Chigi il decreto di nomina a senatore a vita di Mario Monti dando un segnale politico fortissimo ma anche perché buona parte del Pdl spinge in questo senso.
Delle diverse possibilità elencate sul suo appunto, quella che il Cavaliere proprio non vede è un governo allargato ai centristi del Terzo polo e guidato da Angelino Alfano.
Perché al di là delle dichiarazioni pubbliche, Umberto Bossi non ci starebbe mai a sostenere un esecutivo con quell’Udc che non ha sostenuto il federalismo. Ma a lasciarlo perplesso è anche un governo di larghe intese che mettesse dentro tutti, una sorta di grosse koalition alla tedesca guidata per esempio da Giuliano Amato perché- confida in privato- «gli elettori non la capirebbero». L’unica alternativa al voto, insomma, resta quella del governo tecnico, un esecutivo di profilo non politico con a capo Mario Monti e molti ministri tecnici (già circola il nome di Fabrizio Saccomanni per la poltrona chiave di via XX Settembre). La sola strada possibile anche perché sarà un governo che dovrà sostenere misure così impopolari che difficilmente una coalizione di larghe intese potrebbe avallare. Insomma, una sorta di esecutivo di «emergenza nazionale» per fronteggiare la crisi. «Come se fossi tornati indietro di 40 anni e dovessi affrontare tutti insieme l’emergenza terrorismo », per usare le parole di Walter Veltroni ieri alla buvette della Camera. Già, perché come sa bene anche Berlusconi una delle prime misure sarà una manovra aggiuntiva quantificata al momento in 28 miliardi di euro: 14 miliardi di tagli all’assistenza e 14 miliardi di tagli agli sgravi fiscali.
Così, dopo una giornata travagliata e con i mercati di nuovo sull’ottovolante, il Cavaliere nel tardo pomeriggio sembra convincersi che la via delle elezioni anticipate è difficilmente percorribile. Anche perché sul punto sono fortissime le resistenze di gran parte dei vertici del Pdl se Alfano- durante una riunione serale nella sala del governo di Montecitorio- dice chiaro e tondo di essere contrario al voto. E molti dei presenti - da Franco Frattini a Raffaele Fitto, passando per Fabrizio Cicchitto e Maurizio Lupi - concordano con lui. Restano invece sulla via del tornare alle urne la pattuglia degli ex An (Altero Matteoli, Ignazio La Russa, Giorgia Meloni, Massimo Corsaro e Andrea Ronchi) oltre a Maurizio Sacconi, Renato Brunetta, Paolo Romani e Mariastella Gelmini. Una vera e propria spaccatura interna al Pdl, insomma. Anche se il Cavaliere sa bene che - a parte Matteoli e La Russa - da un punto dei vista dei numeri parlamentari i sostenitori del voto anticipato non hanno granché peso. Se si andasse alla conta, dunque, si rischierebbe uno smottamento interno al partito visto che ai fautori del governo Monti si aggregherebbero tutti quei peones che - consapevoli di non avere chanches di tornare in Parlamento- non vogliono perdere un anno e passa di stipendio e oltre che la pensione ancora non maturata.
Uno scenario, quello della frattura interna al Pdl, che forse neanche il Cavaliere s’immaginava tanto ampia. Con l’amarezza di sapere che tra i sostenitori del governo Monti c’è anche chi magari spera di poter conservare la sua poltrona ministeriale. Uno scenario, però, che lascia pochi margini. Soprattutto con i mercati impazziti e con Mediaset che in Borsa cola a picco. Tutti segnali. Ecco perché durante la giornata Berlusconi fuga eventuali dubbi di Napolitano e non solo gli conferma che si dimetteràma dice di essere pronto a farlo anche in giornata, prima ciò del via libera al ddl Stabilità. Ma al Colle va bene il timing già stabilito.
Con la Camera che sabato pomeriggio alle 17 avrà dato il suo via libera al provvedimento. E con Berlusconi che salirà al Colle per dimettersi già in serata. Domenica consultazioni al Quirinale e via libera a Monti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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