Politica

Berlusconi e Fini di nuovo amici per le Regionali

nostro inviato ad Arezzo

Se alla convention di Arezzo resta la dicotomia tra chi auspica che il Pdl sia un «partito plurale capace di un confronto costruttivo» (Fini) e chi pensa che pur «aumentando il tasso di democrazia» resterà comunque «una monarchia temperata» (Tremonti), nei fatti qualche piccolo segnale di novità inizia a cogliersi. Già, perché nel pranzo di giovedì scorso all’hotel de Russie di Roma - presenti i coordinatori Bondi, La Russa e Verdini, i capigruppo Cicchitto e Gasparri e i vice Bocchino e Quagliariello - qualcosa si è mosso se Berlusconi e Fini sono usciti praticamente a braccetto. «Ti chiamo presto per discutere di quelle cose», gli ha detto il presidente della Camera prima di congedarsi. «Ottimo», è stata la risposta del Cavaliere.
E «quelle cose» saranno con ogni probabilità non solo i candidati governatori delle prossime Regionali, ma pure i nomi dei futuri assessori di peso e quelli da mettere nei listini bloccati (dove ci sono). Già, perché durante il pranzo è stato l’ex leader di An a sollevare la questione. «Silvio, perché di queste cose non ne discutiamo io e te a quattr’occhi», ha detto Fini. «Mi pare un’ottima idea», ha replicato il Cavaliere gelando i commensali, perché è chiaro che una simile eventualità non farebbe che mettere a rischio decisioni già prese. Per dirne una, sia Berlusconi che Fini hanno manifestato qualche dubbio sulla candidatura di Magdi Allam in Basilicata.
Per il momento, però, dei nomi da piazzare nei listini bloccati si sta occupando un comitato ad hoc formato da coordinatori e capigruppo più i ministri Scajola e Gelmini. E tra le ipotesi che circolano, per la Calabria si fa il nome di Rosanna Scopelliti, figlia del magistrato anti-mafia Antonino Scopelliti (ucciso dalla 'ndrangheta nel 1991) e presidente dell’omonima fondazione inaugurata pochi mesi fa da Fini. Quasi certa, invece, la candidatura nel Lazio di Isabella Rauti, figlia di Pino Rauti, moglie di Alemanno e consigliere del ministro Carfagna.
E proprio le Regionali sono uno dei temi affrontati ad Arezzo. Perché se Bocchino ammonisce il rischio de «l’incidente di Sarajevo» che porterebbe alla disgregazione del Pdl, Gasparri è convinto che «ormai nel partito ci si confronta senza il rispetto delle vecchie caselle» (cioè Forza Italia e An). Che poi è quel che dice La Russa: «Noi li abbiamo contaminati sul fronte della passione politica e da loro abbiamo raccolto il pluralismo delle idee tanto che per gli ex di An certe posizioni di Fini non sono più un dramma».
Così, il punto resta l’alleanza con l’Udc. Scontata in Lazio e Calabria, probabilissima in Campania e - con eventuale vittoria di Vendola alle primarie di domani - possibile in Puglia. Dove proprio ad Arezzo è rispuntata con forza l’ipotesi di candidare Rocco Palese, capogruppo del Pdl in Regione sostenuto con forza da Fitto (che sul punto replica ironico con un «mi avvalgo della facoltà di non rispondere»). Un nome, quello di Palese, del quale ieri si è tornato a discutere coinvolgendo anche Berlusconi e che a questo punto sembra in pole position. Sempre in Puglia, poi, non è esclusa una candidatura di Quagliariello come capolista. Un trend inaugurato dalla Carfagna che su richiesta esplicita del Cavaliere sarà capolista a Napoli («saresti stata un’ottima candidata alla presidenza e quindi - gli ha detto il premier - e ora devi darci una mano»).
Le alleanze con l’Udc, dunque, alla fine si faranno. Nonostante le perplessità dei ministri La Russa, Scajola e Ronchi («noi abbiamo fatto il Pdl, mentre Casini ha fatto un’altra scelta e dunque siamo alternativi a quel modo di fare politica»). Decisioni locali, certo. E con l’obiettivo di far sì che siano i centristi a chiedere di appoggiare il candidato di centrodestra e non il contrario. In vista di una campagna elettorale che sarà lancia in resta.

Tra le «iniziative di forti» di cui parla Tremonti, infatti, ci sarebbe quella di un «patto» con gli elettori in cui i candidati governatori promettano solennemente di dare immediata attuazione al Piano casa del governo (il pacchetto che prevede la possibilità di ampliare la cubatura degli immobili fino ad un massimo del 35%) che, nonostante il via libera dell’esecutivo, è rimasto lettera morta in tante realtà locali.

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