Milano - Contro le speculazioni delle multinazionali del petrolio serve «un’autobomba », da parcheggiare a San Donato Milanese, nel quartiere generale dell’Eni. Bisogna «piazzarla “in mezzo alle palazzine” nelle quali peraltro non “ci abita nessuno... al massimo c’è qualche custode”». Peccato però che telecamere e sbarre rendano difficile il bersaglio. Quindi una villa di Silvio Berlusconi. Già individuata, l’unica che il Cavaliere possiede a Milano dietro il Duomo, in via Rovani. Anche lì un giorno bisognerebbe passare con «un bel furgone di quelli ad apertura laterale e ti levi una bella soddisfazione». Erano davvero ambiziosi gli obiettivi individuati dai terroristi arrestati a Milano. Si partiva da quelli relativamente più semplici per il finanziamento e le armi. Le «schede economiche» riguardano banche, bancomat, uffici postali. Come, tra gli altri, lo sportello Antonveneta ad Albignasego, un bar vicino allo stadio San Siro, un portavalori che raccoglieva denaro in via Padova, un supermercato a Monza.Eancora le armerie per crescere con i sequestri lampo di imprenditori nelle ricche Bergamo e Brescia. Sino agli attentati veri e propri: omicidi e, tornano, le gambizzazioni. Nel mirino il giuslavorista Pietro Ichino («Non è che gli puoi fare nient’altro che farlo fuori») per le sue critiche ai dipendenti pubblici. Numerosi i sopralluoghi all’abitazione per verificare presenza e movimenti della scorta compiuti da Bruno Ghirardi, ieri arrestato. Si prosegue con Luigi Roth, direttore della Fiera di Milano, il dirigente dell’Eni ed ex Breda Vito Schirone, «sparandogli alle gambe» o, come avvertimento, «una raffica alle finestre ». Per rivendicare in qualchemodole morti causate dall’amianto. Il dossier Schirone è fortunatamente ancora in fase embrionale, quindi impreciso con tratti quasi paradossali. I primi controlli vengono infatti effettuati su vie d’accesso e garage di un palazzo in fondo a viale Monza dove si presume viva il dirigente. Viene persino acquistato un duplicatore di apricancelli. Peccato che l’indirizzo non sia corretto e corrisponda solo ad un omonimo titolare della sottostante pompa di benzina. Nel mirino anche i media. A cominciare dal quotidiano Libero con diverse e recentissime verifiche, anche a metà del gennaio scorso, agli ingressi della redazione di viale Majno aMilano. Per un attentato incendiario da compiere «prima di Pasqua». Già decise le modalità: «benzina e acido da versare all’interno della sede dopo aver tranciato la saracinesca». Prove tecniche di attentato, con la predisposizione di via di fuga e l’utilizzo di un improbabile canotto sulla Martesana e sul fiume Lambro (poi abbandonato) sono predisposte per le sedi di Mediaset e di Sky a Cologno Monzese. Agli uffici della Fininvest di via Paleocapa, dove lavora Fedele Confalonieri, si fa invece riferimento in un dialogo tra i capi della colonna. Sprezzanti i riferimenti anche a Giuliano Ferrara, «capo dei sionisti» e già «spia della Cia» e verso Il Foglio del quale i brigatisti conoscono già l’indirizzo. Del resto contro Israele l’odio alimenta attentati. O, meglio, speranze, di attentati comequello con l’utilizzo di «una bombetta » da far esplodere contro un «simbolo sionista» non precisato. Altrettanto dimostrativo, inoltre, doveva essere l’attentato in fase di preparazione allo «Sportello Marco Biagi», in via Savona a Milano. Nella lista anche l’ex extraparlamentare di destra Lino Guaglianone, titolare della palestra Doria, «ritrovo di fascisti», e di un ristorante sui Navigli. Di fronte alle perplessità sul soggetto visto che è maestro in arti marziali, Ghirardi replica: «Tiri giù una fucilata vedi se le arti marziali...».
Infine il «proprietario dello stabile di via Cavezzali» a Milano, trasformato in dormitorio a pagamento per extracomunitari. I terroristi scoprono che è titolare di un mobilificio: decidono di programmarne l’incendio. gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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