Berlusconi-Fini, rottura in diretta «Dimettiti». «Che fai, mi cacci?»

RomaL’immagine indelebile è quella di Berlusconi che affonda colpi dal palco e di Fini che sta lì davanti a pochi metri agitandogli l’indice contro. La sostanza è che finalmente - dopo mesi e mesi di gelo, incomprensioni e accuse sotterranee - il braccio di ferro andato in scena durante i pranzi rigorosamente off limits tra premier e presidente della Camera diventa pubblico al punto di conquistarsi la diretta tv e fare il giro dei tg italiani e stranieri. «Almeno - chioserà a sera il Cavaliere con i suoi collaboratori - da oggi abbiamo fatto chiarezza».
Un match senza precedenti, nel quale a prevalere è più la distanza personale che quella politica. Perché nel suo intervento Fini pone sì sul tavolo alcune questioni, ma gli affondi li mette a segno quando ricorda al «caro Silvio» di essere sempre stato schietto nelle sue critiche. Insomma, dice, «ora che le elezioni sono passate non dirmi che credi veramente che la lista nel Lazio non sia stata presentata per un complotto dei magistrati?». E ancora sulla giustizia, quando il presidente della Camera gli ricorda «le litigate a quattr’occhi che abbiamo fatto sul processo breve» perché «quella era un’amnistia mascherata». Un continuo crescendo, non solo negli scambi tra i due ma pure nei gesti, con l’impazienza del Cavaliere che diventa palpabile ogni minuto che l’ex leader di An passa sul palco. Così Berlusconi decide di mettere da parte la prudenza, perché - spiegherà in privato più tardi - le parole di Fini «non lasciavano spazio a interpretazioni». E dunque - nonostante il suo intervento fosse in programma per le 18 (con tutto il tempo per limare una replica alle obiezioni dell’ex alleato) - non perde un attimo e appena Fini chiude si avvicina al microfono per «affrontare i temi che ha proposto». «Gianfranco - dice - si è rivolto a me in termini diretti e quindi mi pare logico rispondere».
E a schiettezza il Cavaliere replica con schiettezza. Mettendo nero su bianco quello che da tempo va dicendo a Fini durante i loro incontri a quattr’occhi. Davvero tutto. Una replica punto su punto, un modo - dirà in serata ai suoi collaboratori - per «chiudere questa farsa» che va avanti da troppo e «fare chiarezza anche davanti ai nostri elettori». Berlusconi, infatti, non è intenzionato a continuare nella mediazione, convinto che l’appuntamento all’Auditorium della Conciliazione debba in qualche modo sancire un cambio di passo. Se non sostanziale almeno formale. Così, inizia ad elencare le obiezioni di Fini e risponde una a una. Dalla democrazia interna (perché «non mi è mai arrivata una richiesta di convocazione di uffici di presidenza o di direzioni... »), alla Lega, passando per il caso Lombardo («sei stato tu ad aver consentito a otto dei tuoi uomini di partecipare al Pdl Sicilia... ») e le celebrazioni dei 150 anni dell’unità d’Italia.
Poi l’affondo. «Allora... Gianfranco parliamoci chiaro, sono venuto da te martedì e davanti a Gianni Letta mi hai detto: punto primo, “mi sono pentito di aver collaborato a fondare il Pdl”; punto secondo, “voglio fare un gruppo parlamentare diviso...”». Seduto in prima fila, Fini o scuote la testa o sorride ironico o fa cenno di no con la mano. Una gestualità che è il presagio di quanto accadrà qualche minuto dopo. «Valeva la pena fare il controcanto ogni volta con dichiarazioni di contenuto politico che non si convengono a chi presiede un’istituzione super partes? Un presidente della Camera non deve fare dichiarazioni politiche. Gianfranco, se vuoi farle devi lasciare la carica, ti accoglieremmo a braccia aperte nel partito...

», chiude Berlusconi allargando le braccia non tanto per dire che è pronto ad accoglierlo quanto per sottolineare che non ne può davvero più. Un colpo quasi da ko, a cui Fini risponde alzandosi e andando sotto il palco con il dito puntato verso il Cavaliere: «Altrimenti che fai? Mi cacci?».

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